QUALITA' Suona la campanella e allora... "Tutti a scuola alle Elementari delle Surie" a Clavesana! Siamo in Piemonte, a Clavesana in provincia di Cuneo, in un piccolo comune delle Langhe più "emarginate", meno conosciute turisticamente, se non per il vino Dolcetto. Distesa su un territorio denominato "Pianura Alluvionale" percorso dal fiume Tanaro, il principale affluente del Po, Clavesana è dominata dal grigiore di spettacolari calanchi, un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno provocato dal ruscellamento delle piogge su terreni argillosi, che scivolando genera profondi solchi su versanti scoscesi, degradati e privi, o scarsamente coperti, dalla vegetazione. Il terreno successivamente si cementifica creando in superficie degli strati spessi e duri ma facilmente friabili e franosi, con frequenti scivolamenti di detriti che modificano costantemente il paesaggio. Clavesana fu la sede di un antico marchesato degli Aleramici, dal 1142 al 1387. Fino al Duecento, sotto il potentato di Bonifacio Tagliaferro, i suoi domini si estendevano anche in alcune aree della confinante Liguria. A portarci in questo territorio è un importante incontro "Tutti a scuola! ... Ma di Dolcetto di Clavesana" - Convegno sul progetto "Da Terra Marginale a Terra Originale", nella Ex Scuola Elementare delle Surie di Clavesana (CN), promosso dalla "Associazione Mercato dei Contadini delle Langhe" e dalla Cantina Clavesana-Siamo Dolcetto, per parlare delle problematiche legate al mondo dell'agroalimentare in un territorio da loro stessi definito "marginale", in bilico tra i mille eccessi provocati dalla crisi dell'agricoltura, uno dei momenti più tragici e devastanti che sta attraversando il nostro paese, da un eccesso di burocrazia e di globalizzazione, dai rincari di prodotti che alle origini sono poco o mal pagati, per finire al consumatore con enormi aggravi, dal fenomeno preoccupante della troppa cementificazione del territorio agricolo in Italia, dall'inforestamento di terreni abbandonati e altre situazioni comuni non solo a questo territorio ma anche ad altre Regioni e Nazioni. Ad accogliere
il convegno è una insolita struttura: non sono i banchi della scuola,
ma quelli di una coreografica chiesa, più spoglia all'interno,
esternamente presenta un interessante curioso campanile, davvero spettacolare.
E così tra l'incenso, i confessionali, i banchi dove i fedeli ascoltano
le messe, i paramenti e la sacralità del luogo, si ascoltano i
"sermoni" o meglio "le lamentele, le storie di vita contadina, i problemi
e le proposte di quel popolo contadino che sta morendo lentamente e forse
svanirà con l'ultimo... anziano". La chiesa è
gremita, l'atmosfera è stranamente rilassante, forse merito del
luogo, forse dell'accoglienza dello staff, forse perché ci si arriva
"perdendosi" lungo quella stradina che da Clavesana conduce in località
Surie attraverso piccole borgate arroccate sui calanchi e rimaste quasi
intatte come se il Tempo si fosse fermato. O per quegli scorci sulla collina
disseminata di vigneti che si confondono con le macchie dei campi, delle
coltivazioni, per perdersi al margine di fitti boschi, o forse per quello
stupendo scenario delle Alpi che delineano i confini del Piemonte su cui
domina maestoso il Monviso e sotto la pianura disseminata dai paesi, dalle
città e in certi momenti nascosti da quella foschia che si estende
sulla pianura come una coltre... tanto da confondere lo sguardo e apparire
come un enorme lago da cui emergono le montagne! Perfetta l'organizzazione e l'accoglienza, ben strutturata, tutti i presenti erano persone con una perfetta conoscenza degli argomenti e questo ha reso ancor più interessante l'incontro e il dibattito tra oratori e pubblico, ma in fondo è come riporta uno degli allegati, ma anch'io ricordo queste parole: "Studia, perché la terra è bassa, raccomandavano padri e nonni ai figli e nipoti. Studia, perché a lavorare in campagna ci si spacca la schiena poi magari arriva la grandine a portare via tutto- ": i presenti erano indubbiamente... contadini-laureati... Il diploma e la laurea erano una condizione di agiatezza contro la fatica del lavoro nei campi e per questo oggi molti hanno il diploma della media superiore o sono laureati e dopo l'abbandono della terra, nel boom degli anni '50 e '60 che li ha allontanati per andare a lavorare in città, oggi sono tornati nelle piccole aziende di famiglia e con idee innovative hanno ampliato, portano avanti nuove tecniche, creato grandi e prestigiose aziende, spesso leader mondiali in campo vitivinicolo. Molto bravi gli oratori, gli interventi si sono svolti nel massimo della perfezione tempistica; molto interessanti le tematiche, quasi tutte le ho condivise, con una o due contraddizioni, anacronistiche con chi parla di volere difendere il proprio territorio, la propria cultura contadina che è la nostra storia, ma poi scivola sulla... buccia di banana, di cous cous, sushi, e gazpacho! Mi indispettisce quel " bistrot" che sa di parigino lungo la Senna: in italiano significa "osteria, piccolo caffè", nomi legati alla nostra origine contadina e alle tipiche "piole" paesane. Sarebbe culturalmente preferibile in italiano! Se questa è
la gioventù, che dice di "voler rompere gli schemi", a cui affidare
la nostra cultura contadina... rabbrividisco! Ma le cose discutibili diventano
comunque importanti perché generano pensieri o un dialogo costruttivo
e a me fanno apprezzare ancor più quei deliziosi assaggi "tipici"
che hanno cucinato per noi gli allievi dell'Alberghiero "Giolitti" di
Mondovì.
La Cantina di Clavesana è un punto di riferimento vitivinicolo per questo territorio, un territorio che, ricordiamolo, non ha industrie e si basa prevalentemente sul vino, con altre apprezzabili realtà legate alle coltivazioni di frutta e ortaggi, all'allevamento e trasformazione casearia, ristorazione e prodotti locali legati alla gastronomia, tutte componenti da valorizzare e promuovere senza tralasciare il veicolo trainante legato alle bellezze paesaggistiche, culturali e folcloristiche che legano indissolubilmente "paesaggio, tradizioni e gastronomia". Il Dolcetto di Clavesana è un vanto del territorio, che con i suoi 350 viticoltori identifica una terra contadina legata alle radici rurali che sono i pilastri della nostra cultura, della storia, del nostro passato, da "preservare" nel tempo come un "bene" da tramandare. L'incontro aveva lo scopo di alimentare un dibattito, confrontare modelli di sviluppo agricolo del passato con altri nuovi modelli tecnologici, ma senza "alterare la natura dei luoghi e l'anima contadina delle persone", come hanno detto gli organizzatori. Confrontarsi anche con comunità di altre analoghe zone italiane per fare nuovi progetti di continuità e crescita, alla ricerca di sbocchi futuri, ma senza perdere la propria identità culturale. Illustri oratori hanno dato vita a un dibattito con i presenti, condividendone il pensiero e valutando insieme come "uscire dalla marginalità per divenire dei protagonisti". Anna Bracco giustamente lamenta di "non trovare una rete attorno alle sue richieste e uno scarso aiuto ma solo promesse, parole", cerca più collaborazione, più unione e idee innovative, ma legate alle tradizioni dei nostri nonni. Alessandro Mortarino, Coordinatore Nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio, con una bella citazione definisce i contadini "uomini con le radici sul territorio". Paola Migliorini
ricercatrice presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo
(CN), si è occupata delle statistiche. Alessandro
Mortarino - Paola Migliorini Il Professor Piercarlo Grimaldi, ordinario di Antropologia presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo) e Rettore dello stesso ateneo, afferma che occorre recuperare i vecchi mestieri che purtroppo stanno scomparendo. Furio Venarucci,
Vicepresidente della Confederazione Italiana Liberi Agricoltori, presente
su tutto il territorio, lamenta troppa burocrazia nell'agricoltura. Condivido,
aggiungendo che purtroppo c'è burocrazia persino nel respirare:
rimpiango quando una stretta di mano era un accordo che valeva più
di mille scartoffie odierne!
Piercarlo Grimaldi - Furio Venarucci Fabio Palladino del Mercato Contadini delle Langhe, ritiene che occorra investire sui giovani, su nuove energie ma senza rinunciare alle nostre tradizioni, credere nel potenziale agricolo, creare più zone coltivate, meno capannoni che spesso sono vuoti, abbandonati e deturpano inutilmente il paesaggio agreste, cercare nuove idee, riappropriarsi della terra, promuovere cibo e prodotti territoriali. Andrea Paoletti, architetto che si occupa anche di tematiche su architettura e paesaggio, ha parlato del paesaggio odierno. Leonard Reindi, di Regionalwert AG ha portato esempi di come questa azienda della Germania aiuti gli agricoltori e promuova l'agricoltura. Stefano Tesi giornalista toscano e moderatore, collabora con "Il Sole 24 Ore", Panorama, ha scritto libri e guide, reportage, e si occupa del mondo rurale, dei valori della campagna, dei problemi dell'agricoltura, di come "salvare il paesaggio agrario dalle follie della modernità". Un'altra esperienza è quella dell'Associazione Streccapogn che in Emilia Romagna porta l'esempio di "come dei privati cittadini finanziano il ritorno dei giovani alla terra. L'ospitalità è stata affidata all'Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione "Giolitti" di Mondovì (Cuneo), con sedi anche a Dronero e Barge. Dal convegno sono emerse diverse realtà, frutto di un'intensa collaborazione tra le organizzazioni e gli associati, come per l'Associazione Mercato dei contadini delle Langhe che ha come obiettivo di "promuovere, con diverse iniziative, l'economia locale, rivalorizzando la vita in campagna, tutelare il sistema locale dalla perdita di aziende agricole e conseguentemente la perdita di tutela ambientale e della salute del cittadino". L'Associazione prosegue nell'identificare quello che sarebbe il filo trainante aggiungendo che "occorrono nuovi giovani, per fare in modo che il territorio compreso tra Ceva e Cherasco possa invertire l'attuale trend che è quello di perdita di attività agricola". Ottimo suggerimento che condivido, ma aggiungerei che si potrebbe iniziare già riappropriandoci della propria lingua e invece di "trend" usare... "tendenza, direzione, andamento, evoluzione", sennò si entra in contraddizione con il desiderio di tornare alle origini contadine dei nostri nonni, anche se in modo ovviamente adeguato alla nostra epoca che non pigia più le uve con i piedi, si avvale di moderne cisterne o botti di legno pregiato e dell'aiuto di agronomi ed enologi. Per "vendere" bisogna entrare nell'ottica di chi "acquista": indubbiamente una azienda come la Ferrero ha contratti di acquisto del materiale e vendita del prodotto a livello mondiale, tratta... cifre da capogiro e agisce attraverso "manager, marketing", "trend, workshop" e altri paroloni, ma se si parla di vendita diretta dal produttore alla massaia, magari "diversamente giovane" (che un tempo chiamavamo rispettosamente "anziana"), o ad un negoziante, un grossista che tratta piccole partite, è ovvio che questi paroloni stranieri diventano... "off limits"... e magari la povera vecchietta ti risponde terrorizzata che la marmellata non la vuole di quella frutta straniera con il nome "trend"... Un ottimo esempio è Claudio Rosso (Castiglione Falletto-CN): conserva la propria cultura che identifica il territorio, usando per il suo aceto di vino l'acronimo dialettale piemontese di "Asì" ovvero aceto! Dalla documentazione fornita dagli organizzatori particolarmente significativo è l'allegato "Il made in Italy della terra. C'è un tesoro nascosto nei campi": L'Italia agricola è composta da un giovane sotto i 35 anni, contro 12 con più di 65 anni. Prima di parlare solo di agricoltura in crisi bisognerebbe parlare dell'agricoltura come una delle vie d'uscita dalla crisi e dalla disoccupazione, da non sottovalutare per la sua importanza in contrapposizione a questo mondo frenetico preso dalla frenesia di guadagni sempre più elevati, di consumismo industriale e di un'edilizia troppo invadente e invasiva sul paesaggio. Giornali, tv
e ogni altra possibile fonte di comunicazione cercano di farci credere
che la crisi è globale e quindi le soluzioni devono essere in grande
scala, di impatto internazionale, industriale, e con un potenziamento
dell'export. Intanto le campagne si spopolano, non si aiutano i giovani
che vorrebbero rimanere a lavorare in campagna e invece di snellire le
pratiche burocratiche se ne creano sempre più di vessatorie, costringendo
il contadino a laurearsi in Legge, Ragioneria, Commercialista... per poi
lavorare la terra.
Invece di incentivare i piccoli raccolti si potenziano le reti che producono "business" a discapito della genuinità del prodotto che per le grandi quantità necessita di trattamenti chimici per la coltivazione e per la conservazione. Non si considerano più i territori, ci si allontana dalle tradizioni e dalla cultura contadina, ci si industrializza, si cerca la grande esportazione verso i mercati nazionali e internazionali, la filiera diventa sempre più lunga. I trasporti, la grande distribuzione, l'Ogm, la competizione, l'export, tutto va a discapito del prodotto che finisce nel nostro piatto e spesso mi domando se sto mangiando della frutta o un medicinale camuffato da frutta, tanto è pregno del sapore chimico di prodotti per la sua crescita e per la conservazione! Produciamo frutta e verdura, ma poi importiamo quella da paesi di tutto il mondo, così mangiamo mele del Sudamerica, zucchine dell'Africa, carote dai Paesi Arabi, insalata dalla Cina e nocciole dall'America: prodotti che potremo trovare dall'ortolano locale a minore prezzo e con un sapore migliore e genuino! Produciamo quintali di latte che poi non possiamo vendere perché in eccedenza! Quintali di arance finiscono sotto le ruspe e migliaia di... pulcini vengono seppelliti vivi! E' l'eccesso di produzione, nato da chili di diserbanti, pesticidi, fertilizzanti, e altre schifezze che poi generano solo grandi quantitativi di "cose" inodori e dal sapore non identificabile: belle a vedersi... che paiono dipinte, plastificate, senza una macchiolina! E chi ha la nostra età e ha conosciuto il profumo e il sapore dei frutti della terra si domanda: "Perché abbondare in un raccolto per poi buttarlo? Perché creare grandi quantità a discapito dei sapori e della nostra salute? Perché non incentivare, aiutare, insegnare già a scuola ai nostri giovani ad amare la propria terra, il paesaggio, i suoi sapori, i profumi e la nostra cultura, la storia di un popolo contadino sin da quando l'uomo è "sceso su questa Terra" ed è sopravvissuto milioni di anni cibandosi dei suoi frutti? Siamo l'Italia delle bellezze paesaggistiche e culturali, seppellite sotto il cemento che mortifica paesaggi stupendi, monumenti di rara bellezza; strade oscene, sovrastate da autostrade con pannelli "rossi" che deturpano il verde dei campi; enormi colture da esportare, da cui si alzano nuvole di diserbanti sparsi da un uomo seduto su un trattore, che pare più un chimico con maschera protettiva che un agricoltore; piantagioni di frutta esotica al posto di mele e prima o poi al posto delle pere pianteremo banane e noci di cocco! Siamo l'Italia
della gastronomia che tutti ci invidiano e prendono come esempio: buona
cucina, sapori genuini della terra, vini pregiati e storici, piatti che
racchiudono la nostra storia e identificano i territori, le nostre Regioni,
e ognuna è depositaria di un pezzo di storia legata alla cucina
e alla storia d'Italia. Tutti concordi, oratori e pubblico, ma come vedono
il problema l'uomo della strada, la massaia, il turista e chi scrive di
turismo, cultura e folclore, Non dimentichiamo che sono alcuni degli ingredienti per promuovere la gastronomia e strettamente legati tra di loro in modo indissolubile: non è più tempo dei cagnolini che muovevano la testa sobbalzando sul cruscotto, né degli adesivi delle città visitate, né di oggettini e cartoline! I nuovi souvenir sono i prodotti locali, la cucina tipica, l'accoglienza, il bel paesaggio e la cultura, l'incontro con vecchi e contadini depositari di narrazioni e storie di lavoro nei campi, di vita contadina, di gioie e tribolazioni che la terra dà, quelli legati al nostro passato, alla nostra storia, alla nostra cultura: queste sono le carte vincenti per promuovere un territorio e incentivare le produzioni locali. ... Il turista è l'acquirente delle tipicità locali. E i vecchi contadini?
Ascoltiamoli, hanno molti consigli da darci, in fondo essi sono la memoria
del Tempo e senza di Essi non ci sarebbe il passato, né ci sarà
un futuro... di Alexander Màscàl e Matteo Saraggi
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