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APPUNTAMENTI
#Dzero, Dosaggio Zero
Non una moda, ma un “modo” con un grande futuro.
Dagli interventi e dai dati emersi si evidenzia una traccia per trasbordare
questa tipologia di spumante dalla nicchia degli esperti a un’ampia
fascia di consumatori consapevoli. Un sondaggio che ha dato risultati
degni di molta attenzione, la presenza di importanti personalità
del mondo del vino, una grande partecipazione di pubblico qualificato.
Questi i punti di forza dell’incontro presso la Tenuta franciacortina
dell’Arcipelago Muratori.
Lunedì 23 gennaio la sala NumeroZero di Villa Crespia ha accolto
circa 200 persone interessate al tema dell’incontro dedicato alla
particolare tipologia di spumante metodo classico che non prevede alla
sboccatura l’uso della liqueur de expedition, appunto a dosaggio
zero. In primo piano il Franciacorta, pronto a confrontarsi con lo Champagne
e il Cava sull’entità della produzione di pas dosé.
A completamento un’indagine allargata sulla sua percezione nel mondo
anglosassone e nei Paesi orientali. In sala contemporaneamente al convegno
si sono riversati messaggi on line di chi partecipava in streaming all’evento:
Twitter, Foursquare, Facebook, Youtube, tutti social media che hanno fatto
registrare circa 500 contatti, amanti o meno, ma certamente appassionati
del #Dzero, che impossibilitati a partecipare fisicamente hanno seguito
in diretta l’evento. Un’esperienza, quest’ultima, assolutamente
innovativa e che ha dimostrato che gli amanti del vino sono anche quei
giovani che con internet “ci sanno fare”.
L’incontro era stato preceduto da un SONDAGGIO ONLINE in due sessioni
successive che hanno offerto seri motivi di riflessione. Questi i dati
emersi dalla prima dedicato a tutto l’universo curioso del vino:
più dell’80% delle persone dice che il dosaggio zero è
secco, il 94% che è senza zuccheri aggiunti, il 67% che si può
fare con più uve ma il 16 % ritiene che nasca da una lavorazione
particolare delle uve. Il 46% dice che si fa solo in Franciacorta, ma
altrettanto il 46% che si fa in tutto il mondo. Eclatante: il 60% dice
che il migliore è il Franciacorta, ma il 36% sostiene invece il
primato dello Champagne. Per l’84% il Dosaggio zero è “cosa
da uomini”, per il 74% che è l’ideale per chi ama la
freschezza, per il 66% va bene a tutto pasto, ma il 70% dice che è
per salumi e formaggi, il 60% lo preferisce con gli antipasti e il 78%
lo preferisce con pesci e crostacei.
Pur nella varietà e contraddizione apparente di questi risultati
si può dire che la maggior parte delle persone che ha risposto
al sondaggio conosce il Dosaggio zero, ma perlopiù è il
mondo del vino che ha partecipato attraverso i blog e i siti con i quali
l’indagine è stata condotta. Non il mondo degli esperti,
ma il mondo delle persone che ha voglia di sapere di più. Per dirla
con il linguaggio dei ricercatori sono gli evoluti e non gli inerti.
In favore del Franciacorta probabilmente ha giocato lo spirito campanilistico:
su questo apprezzamento forse vale la pena che il territorio approfondisca
l’indagine.
Che il dosaggio zero sia una “cosa da uomini” non è
un risultato positivo, perché escludendo l’altra metà
del cielo si rischia di dimezzare il potenziale mercato. A favore gioca
la freschezza, una qualità molto apprezzata, che denuncia una certa
consapevolezza delle qualità di questa tipologia.
Sugli abbinamenti le idee appaiono molto confuse, ma ci può essere
anche un’interpretazione positiva: dall’antipasto al formaggio
al pesce scelte singole che si possono anche assemblare in una capacità
del dosaggio zero di accompagnare il tutto pasto. Un risultato di non
poco conto.
Il SECONDO SONDAGGIO è stato pensato per persone “esperte”,
con domande più finalizzate. E le risposte che ne sono derivate
indicano che l’ 88% degli intervistati sa che la tipologia di gusto
Brut è la più diffusa nel mondo del metodo classico italiano
e francese e ritiene che il dosaggio zero sia poco diffuso perché
“difficile” da bere. Ma c’è di più. Il
29% ritiene che il motivo sia che è più difficile da produrre.
Tanto è vero che il 44% dice che necessita di più cure in
vigna e una pari percentuale che necessiti di minori interventi in cantina.
Quindi certamente il dosaggio zero viene vissuto come una tipologia legata
alla qualità di tutta la filiera produttiva e non solo a interventi
di cantina, e che per questo sia più di altre espressione fedele
del territorio d’origine. Per il dosaggio zero vale lo slogan: porta
nel bicchiere il paesaggio in cui nasce.
Questa interpretazione del dosaggio zero tende a confinarlo in una nicchia
di alto profilo, se il 33% afferma che dovrebbe essere sempre e solo millesimato
e il 17% uscire addirittura come Riserva. Si rivela interessante la percezione
delle possibilità di abbinamento e della varietà di accostamenti
.Per il 72% degli intervistati il vino a tavola deve essere secco e per
il 42% il dosaggio zero si accompagna anche a carni rosse.
Da questi dati possiamo trarre una conclusione: tra il concetto di dosaggio
zero e la sua percezione presso il consumatore c’è coerenza,
con la tendenza a ritenerlo per molti un vino da intenditori.
Così come emergerà dagli interventi dei relatori, la sua
diffusione è legata a una comunicazione attenta e costante, che
ne faccia emergere le qualità di NATURALITA’ già riconosciute
e oggi più che mai attuali e rispondenti allo stile di vita improntato
alla ricerca del vivere sano, che richiede prodotti manipolati il meno
possibile. Il dosaggio zero, che risponde a queste esigenze, per diventare
conosciuto e apprezzato da un più largo strato di consumatori richiede
che i produttori si impegnino a presentare il modo in cui viene concepito
fin dal vigneto e di quali attenzioni sia circondato in cantina. La rinuncia
alla liqueur è il segno tangibile dell’ eccellenza del vino
base.
Se confrontiamo le suggestioni che ci vengono dal sondaggio con la realtà
della produzione, scopriamo che in Champagne il dosaggio zero rappresenta
lo 0,25% della produzione annua, ma quello 0,25% sul totale di oltre 300
milioni di bottiglie di Champagne significa qualcosa come 9 milioni di
bottiglie. La stessa percentuale approssimativa si riscontra per il Franciacorta
e questa si traduce in 270 mila bottiglie. Sono cifre che fanno riflettere
e che indicano una strada lunga da percorrere, ma che entrambe le zone
di produzione dimostrano di voler percorrere con sempre maggiore convinzione
e decisione.
I dati di questo sondaggio sono stati il punto di partenza e di arrivo
del Convegno del 23 gennaio scorso e in linea di massima queste percezioni
si rilevano negli interventi dei relatori. Michel Drappier ha raccontato
la storia della sua Maison (http://www.champagne-drappier.com)
e come sia motivo d’orgoglio per lui aver ottenuto in un ambiente
climatico particolare il dosaggio zero che rappresenta un must per la
sua casa.
Vivace la presentazione del Cava da parte del giornalista spagnolo Jordi
Melendo : in Spagna il dosaggio zero è poco applicato nella produzione
del Cava, ma la nota curiosa è che il consumatore ne ha sentito
parlare e lo ricerca e lo apprezza.
Estremamente esaustiva la presentazione dei mercati anglosassoni e asiatici
da parte della giornalista e esperta di marketing del vino Michéle
Shah, che ha raccolto una serie di impressioni di esperti internazionali,
da cui si evince la scarsa conoscenza della produzione italiana, riferita
anche al Franciacorta, il che conferma la necessità di comunicazione
sinergica tra produttori e consorzi di tutela che già era apparsa
dal sondaggio.
Luca Gardini, miglior sommelier del mondo 2010, prevede per il dosaggio
zero un futuro di maggior apprezzamento e successo, perché il gusto
del pubblico è in rapida evoluzione e aumenta la richiesta di naturalità
a cui il dosaggio zero è associato, così come gioca in suo
favore la minore quantità di zuccheri, una tendenza a limitarne
l‘uso ormai consolidata.
Andrea Gori ha presentato i dati del sondaggio di cui si è riferito
e ha fatto il punto sulla grande evoluzione in atto nel mondo affascinante
delle bollicine.
Il convegno è stato aperto dalla prolusione del professor Attilio
Scienza, un’autentica lectio magistralis, che ha ripercorso la storia
e l’evoluzione del vino spumeggiante dall’epoca romana al
1800, quando il metodo che era già famoso in Francia venne introdotto
in Italia. Un percorso fatto di scienza e di esperienza, di innovazione
e di casualità. Un contesto in cui un ruolo determinante l’ha
giocato l’Inghilterra, il mercato principe di questa bevanda, per
secoli. La possibilità dell’uso della bottiglia, dopo il
divieto di utilizzare il legno delle foreste che è stato fondamentale
per il processo di rifermentazione, l’apprezzamento delle corti,
tanto che la coppa dello Champagne, per lungo tempo vino dolce da dessert,
secondo la leggenda ripete nella forma il seno di Madame de Pompadour,
favorita del Re Sole. E poi l’avvento della borghesia, come produttore
e consumatore e la grande rivoluzione del passaggio da dolce a secco.
Un excursus di grande interesse, documentato da una sequenza di date e
di immagini a testimonianza di un amore e di una cultura delle bollicine
che ha in Attilio Scienza lo scienziato e il poeta. (relazioni.esterne@arcipelagomuratori.it)
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