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APPUNTAMENTI
“Piemonte Anteprima Vendemmia 2011” - Giardini della
Reggia di Venaria (To)
Con
la Regione Piemonte e i Vignaioli Piemontesi l’Anteprima Vendemmia
festeggia il vino e l’Unità d’Italia con un incontro
tra viticoltori e giornalisti ospiti nella storica cornice della Cascina
Medici del Vascello - Giardini della Reggia di Venaria (TO).
46.540 ettari di vigneto recensiti nel 2010 a rappresentare il 7% dei
vigneti italiani, con una produzione di 2.683.000 ettolitri nel 2011,
su una produzione nazionale di circa 45,5 milioni.
Quasi 20.700 le aziende vitivinicole, con 280 impreses industriali produttrici
di vini e distillati e con circa 3.300 addetti, 54 Cantine cooperative
con circa 12.000 soci, 14 Consorzi di Tutela e 2 grandi Associazioni di
produttori, 14 Enoteche Regionali e 33 Botteghe del Vino che rappresentano
circa 4.300 produttori espositori.
6 Strade del Vino che offrono al turista non solo vino, ma anche prodotti
locali, gastronomia territoriale nei numerosi ristoranti, splendidi panorami,
storia e arte, cultura e folclore.
Oltre il 50% dei vigneti pratica sistemi di produzione ecocompatibile
e agro ambientale, mentre lo studio e l’applicazione, la ricerca
e la sperimentazione sono affidate a strutture operative come il Centro
Sperimentale Vitivinicolo Tenuta Cannona di Carpeneto e il progetto di
Slow Food con la Banca del Vino e Università di Scienze Gastronomiche
di Pollenzo. Particolare attenzione agli autoctoni e biodiversità,
con la banca del germoplasma che ospita circa 300 vitigni rari o in pericolo
di estinzione grazie alla quale si sono recuperati vitigni come Avanà,
Albarossa, Bussanello, Bourgnin, Bonaria, Gamba di Pernice, Nascetta,
Pignolo, Spano, Timorasso.
18 vini DOCG, su 52 nazionali e 42 DOC, su 330.
1.176 milioni di euro il valore dell’export, tra cui l’Asti
Spumante e il Moscato d’Asti che vengono assorbiti al 70% dai Paesi
UE e il 30% dai paesi extra UE.
Queste ed altre sono le statistiche emerse dall’incontro presso
la struttura che ospita i grandi eventi alla Cascina Medici del Vascello
nel Parco La Mandria della Venaria Reale poco distante da Torino.
Claudio Sacchetto Assessore Regionale all’Agricoltura ha aperto
il convegno sottolineando come l’andamento attuale permetta di guardare
con ottimismo il futuro della viticoltura, ma non senza rimarcare quanta
strada si debba ancora percorrere per continuare a mantenere il settore
del vino con lo stesso orgoglio del passato e del presente piemontese
e puntare sempre più sulla qualità piuttosto che la quantità
per fare dei vini piemontesi una punta di diamante di questo settore,
rivolto non solo al riconoscimento da parte del consumatore territoriale
o nazionale ma anche ai paesi stranieri sempre più protesi verso
la viticoltura e con una particolare attenzione per quei paesi fortemente
in concorrenza con la nostra produzione.
La globalizzazione, le frontiere mondiali più aperte al commercio,
tutto il mondo raggiungibile con estrema facilità, hanno creato
indubbiamente una situazione di concorrenza e anche quei paesi detti “poveri”,
quelli “dormienti”, stanno producendo vini eccellenti e a
minor prezzo, entrando in forte impatto con la nostra eccellenza di produzione
ma ancor più con i nostri prezzi più elevati.
Nel nostro secolo è quasi impossibile ottenere “volontariamente”
vini di bassa qualità, ma questo richiede anche una maggiore cura
e un’attenzione continua e incondizionata che indubbiamente ha dei
costi che incidono sul prodotto finale, mentre la manodopera di alcuni
paesi emergenti come la Cina e l’India, o a più basso costo
come il Sudafrica e il Cile, o meglio strutturati come l’Australia
e il Brasile, favoriscono una più elevata esportazione dei loro
vini verso tutti i paesi industrializzati del mondo.
“Mantenere la qualità più che la quantità
e ridurre i costi di vendita” è la parola chiave, ma
in questa nostra Italia che... aumenta i prezzi invece di stabilizzarli,
o ridurli, è difficile riuscire a far combaciare i costi di produzione
con quelli di vendita e mi viene difficile pensare che si riesca a diminuirli
mantenendo alta la qualità!
A moderare il dibattito è stato il giornalista Giancarlo Montaldo
che ha anche dialogato con gli ospiti ponendo loro molte domande sull’andamento
della viticultura, sulla produzione, sull’esportazione, sul presente
e futuro del nostro vino e del vino nel mondo.
Tappi di sughero o a vite? Trucioli nelle botti? Vino nelle bottiglie
di cartone?
Da questi argomenti si presagisce un brutto avvenire per il vino che non
scorrerebbe nelle care e storiche bottiglie di vetro ma in più
comodi contenitori di cartone per favorirne l’esportazione, come
il latte-fresco in bottiglie di plastica o cartone, ma questi prodotti
hanno una breve data di conservazione e non lunghi periodi come avrebbe
il vino ed è risaputo che nei contenitori o negli involucri ci
sono elementi nocivi, ed è anche noto che simili contenitori nel
tempo altererebbero il contenuto. Sarebbe come per il metanolo di triste
ricordanza: il vino costava pochissimo, e se lo compravano è perché
qualcuno lo trovava pure... ottimo, ma... uccideva! E in quanto al “buono”
non dimentichiamo che c’è chi trovava buono anche quello
che si dice “fatto con la bustina e il bastone per girare l’impasto”...
e che c’è differenza tra il bere per bere e se costa poco
bere ancor più e il “bere” per gustare.
E per favorirne l’apertura ecco spuntare le bottiglie con il tappo
a vite... come l’Aperol o il Rabarbaro che sonnecchiano sugli scaffali
del bar! In un solo “svitamento e accartocciamento” se ne
vanno secoli di cultura del vino! In un solo colpo di “truciolato”
muore tutta la nostra storia, le nostre tradizioni e prima o poi il vino
lo berremo nelle lattine e con la cannuccia, o in scatolette simili a
quelle del tonno che apriremo “a strappo”? E il tutto... come
quella barzelletta “non lo faccio per guadagnare più -soldi-...
ma per guadagnare più -denaro-”.
Per vendere di più, per guadagnare sempre di più perdiamo
la culture del cibo, del bere, e quel cibo, quel vino, che un tempo seguiva
rituali antichi legati al tempo e alla natura diverrà qualcosa
di “plastificato”, di “conservato chimicamente”,
di “costruito” e dal sapore alterato, irriconoscibile a chi
è vissuto prima dell’era della plastica, dei diserbanti,
dei conservanti e della... chimica. Il “vino molecolare”,
come la cucina? Ahimè!
Ogni vino ha dentro di sé l’Anima della Natura, conserva
il DNA del Tempo, è Storia e Cultura, è Arte e Memoria,
è il nostro Passato e per questo ha anche l’anima di chi
lo produce: non avrà più anima, né storia, né
memoria, né altro!
Vino vestito come gli alcolici? Cultura e tradizioni finite negli ingranaggi
del progresso e sottomessi al desiderio di esportare il più possibile
e guadagnare, guadagnare, guadagnare sempre di più e poco importa
se la qualità è soffocata da “Il Dio denaro è
l’unico che riconosco!”.
Sorrido immaginando i trucioli nelle botti e mi auguro che non provengano
da un falegname di casse da...
Seppellirebbero anche quel che resta degli “acini spremuti”!
E tutto questo mentre ci proponiamo alla “Candidatura alla lista
del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO” per i nostri paesaggi
vitivinicoli, per i nostri prodotti enogastronomici come bene immateriale
da conservare, per le nostre tradizioni culturali, folcloristiche, storiche,
e ovunque leggiamo opuscoli di “Benvenuta UNESCO. L’Organizzazione
delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura che
ha come obiettivo anche quello di incoraggiare l’identificazione,
la protezione e la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale che
rappresenta la storia e l’identità di ciascun popolo e costituisce
l’eredità del passato da trasmettere alle generazioni future”.
Ma ci stiamo dimenticando che per dialogare con l’UNESCO occorre
accettare le loro regole di “naturale e tradizionale” e già
i pali di cemento, i diserbanti, i conservanti, i contenitori di plastica,
le colline tappezzate di casermoni e pali dei telefonini, pale eoliche...
che non vedo mai girare, o pannelli solari e altre modernità sono
solo delle comodità che “non tramandano alle generazioni
future quel patrimonio culturale naturale, né rappresentano la
nostra storia e l’identità di un popolo e meno ancora costituiscono
quell’eredità da trasmettere!”.
Ma anche questo fa parte del dibattito e ascoltare il futuro del nostro
vino è pur sempre interessante.
Giulio Porzio Presidente della Vignaioli Piemontesi e Gianluigi Biestro
Direttore hanno avuto il compito tecnico di introdurre l’argomento
“maturazioni delle uve”.
Daniela Mangiapelo ha presentato il progetto “Wine trace - Rintracciabilità
e certificazione delle eccellenze nell’enologia Piemontese”:
la “tracciabilità”, è il processo informativo
che segue il prodotto dal principio sino al termine del percorso lungo
tutta la filiera produttiva, e la “rintracciabilità”
è il processo inverso, quello che permette di risalire le informazioni
distribuite lungo la filiera.
Due elementi indispensabili per garantire al consumatore l’origine,
la natura e composizione, la qualità del prodotto acquistato. Per
questo la Regione Piemonte ha voluto porre una particolare attenzione
alla rintracciabilità degli alimenti e alla certificazione del
prodotto, affidando alla SIN, la società costituita dall’EGEA,
e da società private per la gestione e lo sviluppo del “Sistema
Informativo Agricolo Nazionale” la realizzazione di un progetto
con l’obiettivo di proporre un sistema che ha come base la “Tracciabilità
e la Rintracciabilità della filiera vitivinicola”.
Tavola rotonda con i rappresentanti dei Consorzi di Tutela Asti Docg,
Vini d’Asti e Monferrato, Brachetto d’Acqui Docg, Barolo Barbaresco
Alba Langhe e Roero, Gavi Docg, Alta Langa e produttori Moscato Associati.
Il premio “Piemonte Anteprima Vendemmia 2011” è stato
assegnato alla memoria di Paolo Desana, promotore della Legge 930 sulle
Doc dei vini italiani.
E dulcis in fundo il
pranzo non poteva che essere innaffiato con i vini piemontesi e allora
un brindisi ai vini del Piemonte, a... “tutti” i vini italiani
e al... 150° dell’Unità d’Italia...
di Alexander Màscàl
foto Matteo Saraggi
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