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AZIENDE E PRODOTTI
Quel dolce nettare divino: il miele
dei Monti Iblei
Già Ovidio declamava la squisita
essenza del nettare divino, nato sui Monti Iblei della Sicilia sudorientale.
“Nessuno eguaglia i favi iblei” scriveva nelle sue Metamorfosi,
a testimonianza che all’epoca, il miele di Sortino e dell’intera
Valle dell’Anapo era considerato il migliore al mondo. Dono di una
terra ricca di colori, dove unica e soave, è la fragranza di un
cibo antico e regale.
Nei secoli, esso ha continuato a conservare la sua dolcezza e tutte le
proprietà organolettiche, legate alla profumata vegetazione del
territorio.
Timo, carrubo, zagara ed eucalipto arricchiscono d’aromi intensi
il pregiato alimento. Nella zona tra Ragusa e Siracusa, sono note le cinque
diverse varietà di miele, che riempiono l’intera produzione
stagionale siciliana. La pianticella autoctona del Thymus capitatus cresce
nei terreni aridi della Valle dell’Anapo. E’ facile avvistare
l’arbusto tra le cave o fare capolino sulla cima d’alti speroni
calcarei. Fiorisce da Giugno a Luglio, periodo in cui le api producono
il nettare nelle cellette nascoste tra gli alberi. Il timo è assai
delicato, basta un repentino innalzamento della temperatura, che arriva
a sfiorire del tutto: ecco perché la quantità di questo
tipo di miele non è costante nel tempo. Il gusto di carrubo caratterizza
invece la tipologia invernale. La leguminosa, pianta unica in Sicilia,
sviluppa i fiori in Ottobre per offrire così un miele dicembrino,
utilizzato poi per la preparazione dei dolci natalizi della tradizione
modicana. E’ un nettare cristallino, dal sapore forte e consistente,
che rimane intatto anche se mescolato ad altri ingredienti zuccherini.
In primavera, gli alveari sono avvicinati agli agrumeti. Le api svolazzano
tra i profumi mediterranei e lavorano instancabili per circa un mese.
L’arancia conferisce al miele un gusto fresco ed un colore ambrato
e brillante. Infine, l’eucalipto appare in tutto il suo splendore
a fine Giugno per offrire in seguito quell’insolita essenza, un
odore intenso e tonalità tendenti al grigio perlato.
Sortino, in provincia di Siracusa, è sede della famosa “Sagra
del Miele”, che si svolge nella prima domenica d’Ottobre.
Manifestazione d’importanza non soltanto locale che valorizza l’intera
area orientale dell’isola e dei suoi prodotti agroalimentari, conosciuti
oramai a livello internazionale. Gli apicoltori, chiamati in gergo i “fasciddari”,
mostrano orgogliosi i numerosi vasetti millefiori e descrivono quell’arte
così antica agli oltre cinquantamila visitatori che ogni anno affollano
la piazza principale di Sortino. Negli Stand è possibile degustare
anche i dolci tipici, al sapor di miele.
La cittadina della provincia siracusana sorge sul monte Aita, a 438 m
sul livello del mare e conserva numerosi tesori di un passato fiorente.
Viva è l’espressione artistica dell’alternanza di dominazioni
subite: Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni ed Angioini. Sortino
affonda le sue radici nel tempo, apprezzata per il patrimonio culturale
e la forte tradizione, come la folkloristica Opera dei Pupi Siciliani.
Chiese, monasteri e palazzi signorili furono distrutti dal terremoto del
1693, ma rinacquero più belli per opera di celebri restauratori.
Resti d’antiche strade e stretti vicoli scarsamente illuminati,
attraggono sempre i turisti appassionati. Per il territorio di Sortino
è di particolare rilievo la Necropoli di Pantalica, tra le più
grandi zone archeologiche d’Europa. L’Area è entrata
a far parte del Patrimonio Mondiale Unesco nel Gennaio del 2006. Presenta
circa 5000 tombe a grotticella scavate interamente nella roccia ed utilizzate
come luogo di sepoltura per la civiltà di Pantalica, la cui origine
risale al V secolo a.C. L’etnia terminò d’esistere
proprio con l’invasione araba, a causa di feroci saccheggi e razzie.
La Necropoli è costituita da alti tavolati calcarei e terrazze
di forma quadrangolare. Le cave o canyons sono attraversate dal fiume
Anapo, termine che in greco vuol dire invisibile. Etimologicamente, il
motivo è da ricollegarsi al suo letto, che è difatti nascosto
dalla fitta e lussureggiante vegetazione. Immersi nelle acque percorribili
dell’Anapo e dei piccoli affluenti, gli amanti delle lunghe passeggiate
naturalistiche possono visitare le numerose gallerie e grotte della mitica
città di Hybla. Forse un regno leggendario, quello cantato da Virgilio,
poeta amante della Sicilia e d’ogni sua ricchezza.
La valle del fiume cristallino è il punto focale dello sviluppo
vegetativo dell’oasi iblea. Riserva naturale per salici, pioppi
bianchi e neri, lecci e platani orientali. Ritrovo tranquillo per uccelli
migratori come il falco pellegrino, gli aironi cinerini e le poiane. E’
un vero paradiso incontaminato, caratterizzato dall’inebriante sottobosco
di piante aromatiche, ingredienti fondamentali del miele sortinese. All’interno
dell’area protetta di Pantalica, si sostiene che le api siano portate
“al pascolo”, ospitate nelle leggere arnie o “fascedde”,
fasci intrecciati di legno della tradizione artigianale siciliana.
Chi desidera immergersi in un sogno ed
accorgersi che è pura realtà, può esplorare questi
luoghi, che appaiono come lande aride e desertiche, pennellate dalla verde
macchia mediterranea. Qui, nel regno del gheppio, del papiro e dei serpenti
d’acqua verdeazzurri, echeggia il mito greco di Ciane ed Anapo,
gli sfortunati amanti di una Sicilia leggendaria. La roccia, erosa dalle
acque tumultuose, conserva la memoria degli antenati. E’ il ricordo
dei popoli che vissero sereni in una terra calda e luminosa, nutrendosi
del dolce nettare mielato: un dono prezioso del Cielo e per loro anche
il simbolo della benevolenza divina.
In Sicilia, con il miele si producono dolci
sublimi, tra cui la pignuccata, i piretti ed i sanfuricchi: si tratta
di una pasticceria artigianale di rilevanza internazionale.
La preparazione dei sanfuricchi è legata fortemente alla tradizione
sicula ma anche alla sua semplicità nelle forme. Basta davvero
poco per questi dolciumi: miele ed olio, i prodotti unici di una regione
solare.
Particolare è la lavorazione manuale dei sanfuricchi, effettuata
su un tavolo di marmo, dotato di un lungo chiodo, una tavoletta di legno
ed una di zinco.
La tavoletta di legno è appesa ad un solido sostegno e su questa
si applica la striscia di zinco ed in alto, si fissa il chiodo. Il miele
è versato in un recipiente possibilmente di rame. Si porta ad ebolizione,
mescolando sempre nello stesso senso, con un mestolo di canna (o di legno).
Quando il preparato comincia a fare i fili, si toglie immediatamente dal
fuoco e si rovescia sul ripiano di marmo già unto d’olio.
A questo punto, occorrono le mani abili delle donne siciliane, che lo
impastano velocemente. Appena l’impasto diviene consistente, s’inizia
a tirare per bene, formando una lunga striscia che viene appesa al chiodo
come uno straccio. La corda di miele è tirata con tutte due le
mani, sino al limite di trazione. Sono formate così due strisce
congiunte ai lati. Il procedimento è davvero lungo e la pasta subisce
più volte la trazione, sino a che, raffreddandosi, diventa bianca.
Dal composto sono prodotte sagome e cerchi attorcigliati, pronti per essere
gustati dai golosi.
Stefania Di Pietro
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