|
AZIENDE
E PRODOTTI
Agricoltura: i prezzi dei suini in picchiata. Che fine faranno gli allevamenti
in Italia?
La Cia denuncia una situazione
drammatica per gli allevatori, alle prese anche con costi crescenti, con
una burocrazia asfissiante e un credito con il contagocce. Mentre cresce
l’invasione straniera: tre prosciutti (cotti e crudi) su quattro
sono esteri.
Dove finirà l’allevamento di suini in Italia? Quali prospettive
future hanno gli allevatori italiani? Queste le domande che si pone la
Cia-Confederazione italiana agricoltori di fronte a dati economici drammatici
per il settore. Solo nel febbraio scorso i prezzi dei suini da macello
pesanti hanno registrato, rispetto al mese precedente, un calo del 7,2
per cento (1,40 euro/Kg). Peggiorata anche la redditività dell’allevamento
suinicolo italiano rispetto a gennaio (meno 6,0 per cento), mentre migliora
(secondo dati Crefis) quella della macellazione (6,1 per cento). In questo
contesto rischia di diventare dilagante il fenomeno della chiusura di
allevamenti suinicoli.
Per la suinicoltura italiana è sempre più emergenza. E’
arrivato, quindi, -afferma la Cia- il momento di rispondere in modo efficace
ai gravi problemi che condizionano pesantemente i nostri allevatori, alle
prese non solo con il drammatico calo dei prezzi, ma anche con elevati
costi produttivi, burocratici e contributivi. A questi si aggiungono un
credito con il contagocce che sta mettendo in grave difficoltà
molte aziende e un’agguerrita e sleale concorrenza estera che da
tempo pone sotto assedio il prodotto “made in Italy”.
Ormai -avverte la Cia- è una vera “invasione”. L’assalto
del “suino straniero” può mettere in discussione lo
stesso futuro dei nostri produttori. Tre prosciutti (cotti e crudi) su
quattro sono esteri. E con nomi di fantasia si cerca anche di confondere
il consumatore spacciandoli per “made in Italy”: “prosciutto
del contadino”, “prosciutto nostrano”, “prosciutto
di montagna”.
La concorrenza dei prodotti provenienti dall'estero, di minore qualità,
ma fortemente competitivi nei prezzi di produzione ha raggiunto -sottolinea
la Cia- livelli record: l’Italia importa oltre il 40 per cento del
proprio fabbisogno di carne suina anche perché manca qualsiasi
sistema obbligatorio di indicazione della provenienza che informi il consumatore
rispetto al luogo di produzione e macellazione delle carni.
Da qui l’impellente esigenza dell’etichettatura d’origine
che deve essere attuata in tempi brevi. In tale maniera e con l’accordo
di tutte le parti della filiera, dalla stalla alla distribuzione, sarà
possibile -avverte la Cia- difendere e valorizzare tutta la nostra produzione
suinicola tipica e di grande qualità.
La Cia rinnova, pertanto, il suo appello per una nuova e più efficace
politica per superare una situazione di estrema difficoltà, con
gli allevatori pressati da problemi sempre più complessi e impossibilitati
a svolgere un’adeguata attività imprenditoriale. Una domanda
è, comunque, d’obbligo: chi risponderà di questa drammatica
situazione? Una risposta è quanto mai urgente. (www.cia.it)
Questo sito web utilizza solo cookie tecnici per garantire il corretto funzionamento. Per saperne di pił
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|