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AZIENDE
E PRODOTTI
Pesce di allevamento: è possibile rendere il settore ecologicamente
sostenibile? Intervista agli esperti
È possibile rendere l’allevamento del pesce ecologicamente
sostenibile? A prima vista le “fish farm” dove si allevano
pesci graditi ai consumatori e al mercato servono proprio a evitare l’esaurimento
delle risorse marine. La realtà però è più
complessa, visto che in genere i pesci sono allevati con farine e oli
ricavati da pescato meno pregiato catturato in mare. L’impatto ambientale
resta comunque un problema, anche dove non genera emergenze ambientali
o umanitarie come quelle legate a certe strutture del Sud Est asiatico
di cui abbiamo già parlato (leggi articolo).
Per questi motivi alcune associazioni di allevatori, negli Stati Uniti
e in Europa, stanno cercando nuove soluzioni meno impattanti per
l’ambiente. Si tratta di proposte tutt’altro che scontate,
visto che la maggior parte delle specie allevate si nutrono di altri pesci,
e non è facile cambiare la dieta.
In Europa il problema è da tempo all’attenzione dell’industria
e degli addetti ai lavori e ci sono diverse ricerche in corso. L’acquacoltura
costituisce quasi il 10% del mercato ittico (9,5% nel 2012, quasi la metà
rappresentata però da molluschi), con il salmone in cima alla classifica,
seguito dalla trota e, tra le specie mediterranee, da orata e spigola.
Dal 1998 la Commissione Europea finanzia numerosi progetti di ricerca
in materia (PEPPA, RAFOA, Aquamax…). L’ultimo è ancora
in corso studia i mangimi alternativi (Arraina) e tra i partner
c’è l’Università dell’Insubria.
Il problema della sostenibilità è all’ordine del giorno
anche negli Stati Uniti, dove si sperimenta la possibilità di allevare
trote con un mix di alghe, olio di semi di lino e sottoprodotti di origine
vegetale. Il miscuglio finale, ha un buon equilibrio di acidi grassi,
e contiene meno inquinanti rispetto ai pesci allevati con mangimi a base
di ingredienti di origine marina.
«In realtà l’utilizzo di mangimi completamente privi
di farina e olio di pesce – spiega Valentina Tepedino di Eurofishmarket
– è poco sostenibile economicamente, perché i costi
sono superiori rispetto ai mangimi tradizionali. L’obiettivo è
utilizzare queste risorse limitate in modo responsabile, tenendo conto
di tutti gli aspetti: economici, zootecnici, di benessere e salute animale
e di qualità del prodotto». Questi elementi sono prioritari
anche per gli allevatori, tant’è che la FEAP, la Federazione
degli acquacoltori europei, lo inserisce come obiettivo strategico nel
suo Annual Report 2014. Bisogna ridurre il FFDR (Fish Feed Dependency
Rate, detto anche rapporto “Fish In Fish Out” FIFO) ossia
il parametro che indica i chilogrammi di pesce selvatico necessari per
produrre un kg di pesce allevato. L’obiettivo è riuscire
a produrre mangimi con una quantità di farina di pesce inferiore
o uguale rispetto alla quantità di pesce ricavato dall’allevamento.
«Storicamente - spiega Tepedino – l’indice risulta
maggiore di 1, e indica come l’acquacoltura dipenda dall’utilizzo
di pesce pescato. Oggi però è possibile ridurlo sensibilmente
grazie ad accorgimenti e nuove tecnologie».
Su questo terreno stanno lavorando diverse aziende. «Lo sviluppo
di soluzioni per minimizzare l’impiego di farine e oli di pesce
– spiega Umberto Luzzana esperto di nutrizione in acquacolturadi
Skretting Italia – è alla base del nostro programma SEA (Sustainable
Economic Aquafeeds). In particolare la tecnologia Skretting MicroBalance™
permette, attraverso un corretto bilanciamento dei micronutrienti nel
mangime, di ridurre la dipendenza da singole materie prime. In questo
modo, dal 2011, è stato possibile diminuire sensibilmente la quantità
di mangimi a base di pesce, necessari per nutrire specie carnivore, come
spigola, orata e trota iridea». La trota, ad esempio, arriva a triplicare
la quantità di proteine derivate da pesce che consuma col mangime.
«L’obiettivo – prosegue Luzzana – è quello
di allevare in maniera efficiente, garantendone salute e benessere, e
fornendo al consumatore una qualità nutrizionale e organolettica
costante. Il tutto riducendo lo sfruttamento di risorse non rinnovabili
come gli stock di pesci selvatici». Sembra essere questa la strada
al momento più percorribile.
Un’altra delle soluzioni pensate per salvaguardare risorse e ambiente
è quella degli allevamenti biologici, che restano però una
soluzione minoritaria. Mentre si stanno valutando anche altre ipotesi:
il NIFES, l’istituto norvegese di ricerca sull’alimentazione,
sta studiando la possibilità di utilizzare gli insetti per alimentare
i salmoni.
(Paola Emilia Cicerone - www.ilfattoalimentare.it)
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