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AZIENDE
E PRODOTTI
Ovicaprini: la filiera carni soffre la crisi
Sarà, con tutta probabilità, un epilogo d'annata all'insegna
della crisi per il settore ovicaprino italiano. A determinare il quadro
di estrema problematicità del settore hanno concorso il persistere
delle difficoltà strutturali nella fase di allevamento, il calo
dei consumi e, quest'anno, anche l'epidemia di Blue Tongue, che ha colpito
soprattutto gli allevamenti della Sardegna, regione che da sola rappresenta
oltre il 40% del patrimonio ovino del Paese.
Secondo le stime Ismea, l'anno in corso dovrebbe chiudere con una contrazione
importante dei consumi di carne ovicaprina, del 7% rispetto al 2013, e
con una caduta verticale della produzione nazionale (-30%), solo in parte
compensata da un maggiore ricorso alle importazioni di agnelli da macello.
Il grado di autoapprovvigionamento del settore è destinato a ridursi
ulteriormente. Ismea calcola che la produzione nazionale sarà in
grado di soddisfare, quest'anno, solo il 26% della domanda domestica (la
quota aveva sfiorato il 35% nel 2013). In pratica, su ogni 10 chili di
carne ovicaprina consumata in Italia solo 2,6 chilogrammi sono, quest'anno,
di provenienza nazionale.
Il settore - spiega ancora l'Ismea - attraversa da anni una crisi di carattere
strutturale, legata ai frequenti fenomeni di cessazione dell'attività
per la scarsa redditività degli allevamenti, al progressivo invecchiamento
dei conduttori, in assenza di un ricambio generazionale, e alla competizione
nell'utilizzo del suolo da parte di colture più remunerative, in
particolare i cereali. Uno scenario su cui si allunga anche l'ombra di
un consumo in evidente difficoltà di tenuta.
A fronte di queste criticità, specifiche del circuito delle carni,
emerge un quadro decisamente più incoraggiante per le produzioni
lattiero-casearie. Una conferma viene dal forte aumento dei prezzi alla
produzione del Pecorino romano (+32% ad agosto su base annua) e dal buon
andamento dell'export (+19% nel primo semestre 2014) in particolare verso
gli Stati Uniti, principale mercato di sbocco. Anche il segmento caprino,
seppure ancora di nicchia, continua a beneficiare, nel comparto caseario,
di un trend positivo, grazie a una domanda che conferma un maggiore interesse
verso queste produzioni. (www.ismea.it)
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