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AZIENDE
E PRODOTTI
Dieci punti dieci. Per il nuovo inizio
Un manifesto in dieci punti
E’ stato presentato a Verona, nell’ambito
di Sol & Agrifood. Sono intervenuto io con Antonio Boschetti, quindi
Zefferino Monini, Cesare Buonamici, Mauro Lazzari e Juri Battaglini, Laura
Turri, Enzo Rossi e Massimo Occhinegro. E’ stata una libera iniziativa
de L’Informatore Agrario e Olio Officina Magazine. L’Italia
– credetemi – non cambierà in seguito alla formulazione
di un Manifesto, ma intanto si è potuto lasciare un segno, una
testimonianza. Nel senso che qualcuno tra noi ha provato a smuovere il
mondo dell’olio e a scuoterlo dall’inedia. Ma se il mondo
dell’olio resterà immobile e chiuso in se stesso, inchiodato
nelle proprie lamentele, ipocrisie e stati di sudditanza verso il potere
esercitato dai soliti noti, se il mondo dell’olio non intenderà
dunque reagire, vorrà dire che alla gran parte delle persone va
bene mantenere lo statu quo. Ed è giusto, nel caso, che sia così,
anche perché ciascuno in fondo è responsabile del proprio
destino, anche di quello collettivo.
1. Più alberi, perché non
è pensabile rinunciare a proiettarsi nel futuro?L’Italia
è l’unico Paese ad alta vocazione olearia a non piantare
olivi. Non investe più in olivicoltura, si limita a mantenere e
perpetuare l’esistente-
2. Meno paura, perché occorre investire soprattutto risorse personali?Il
grande male dell’Italia è nell’essersi ripiegata su
se stessa, dopo essere stata per decenni mantenuta e sorretta da finanziamenti
pubblici che hanno solo sottratto spirito di intraprendenza
3. Più persone libere, perché non abbiamo più imprenditori
indipendenti?L’Italia ha perso la tenacia che la contraddistingueva
nel passato e c’è sempre qualcuno che fa le veci di qualcun
altro, mancando soggetti pronti a mettersi in gioco e a esprimere una
fame di gloria
4. Meno pastoie, perché non è accettabile che si debba aver
timore di lavorare?L’Italia si caratterizza per una legislazione
bulimica e quasi completamente slegata dalla realtà, soprattutto
in materia di olio. Pur valorizzando a parole le imprese, la burocrazia
le spegne
5. Più ricerca privata, perché non si può declinare
tale compito solo allo Stato?Nonostante gli antichi fasti del passato,
l’Italia non sembra più propensa a sostenere la ricerca come
invece avviene in altri Paesi, a partire dalle risorse vive delle imprese,
per il vantaggio di tutti
6. Meno conflittualità, perché è l’ora di finirla
con le eterne contrapposizioni?In questo stato d’animo, sempre in
eterno conflitto tra le parti, l’Italia si contraddistingue alla
perfezione rispetto al resto del mondo, dimostrandosi vocata a farsi del
male con le proprie mani
7. Più donne, perché è inaccettabile che nei ruoli
chiave non abbiano voce in capitolo?Il ruolo di primo piano delle donne
nel comparto oleario è chiaro a tutti, ma, paradossalmente, non
trovano ancora spazio, in Italia, nel far parte attiva, a pieno titolo,
della classe dirigente
8. Meno nicchia, perché è impensabile che si debbano circoscrivere
gli orizzonti?In un Paese che pone scarsa attenzione alle strategie commerciali,
al marketing e alla comunicazione, occorre ripartire da una visione non
più confinata alle sole produzioni d’eccellenza
9. Più idee, perché non sta bene che il comparto oleario
inibisca lo spirito creativo?L’Italia ha grandi talenti, in grado
di apportare felici intuizioni e generare innovazioni, ma stupisce la
scarsa propensione, da parte chi gestisce il potere e gli spazi d’azione,
ad accoglierli e favorirli
10. Meno ideologia, perché per il comparto oleario ha bisogno di
coscienza critica?Investire in cultura puntando sulla formazione e sull’educazione
al sapere, è l’unica strada per l’autodeterminazione.
Diversamente, si può solo cadere nel vittimismo o nelle autoassoluzioni
Luigi Caricato
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