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I vini rossi non durano più come una volta
La scoperta dell’Università di Bordeaux individua
nelle vendemmie sempre più calde e ritardate, nell’uso delle
barrique nuove e in quello di poca solforosa, le cause principali del
problema
Anche i vini rossi non durano più
come una volta. La scoperta arriva dall’Università di Bordeaux
che individua nelle vendemmie sempre più calde e ritardate, nell’uso
della barrique nuove e in quello di poca anidride solforosa le cause principali
di questo problema.
Eppure sta nel senso comune: un vino bianco è più “delicato”
di uno rosso, cioè è meno capace di affrontare il trascorrere
del tempo. Ci sono celebri eccezioni, dai bianchi della Borgogna alla
Champagne, dal nostro Verdicchio al Fiano, solo per citare qualche esempio.
Ma sulla capacità del vino rosso di tenere nel tempo, il senso
comune non ha dubbi. È lui che vince.
La scienza, però, non è il senso comune, e da Bordeaux arriva
uno studio decisamente in controtendenza e che, se non farà crollare
un mito, quantomeno lo scalfirà. I ricercatori della facoltà
di enologia della capitale della Gironda, infatti, hanno identificato
un potenziale problema di ossidazione precoce che colpisce proprio i vini
rossi. Per ossidazione, senza entrare nei dettagli dei suoi meccanismi
chimici, si intende quel tipo di reazione che deteriora gli elementi vitali
di un vino, come, per fare un’analogia immediata, accade per l’uomo
che a contatto dell’ossigeno, inevitabilmente, non fa altro che
“cominciare a morire”.
Denis Dubourdieu, ordinario alla facoltà di enologia di Bordeaux,
consulente di Cheval Blanc, proprietario di cinque châteaux (Château
Doisy-Daëne, Clos Floridene, Château Reynon, Château
Cantegril e Château Haura) e autore proprio dello studio in cui
si dimostrava l’ossidazione precoce dei vini bianchi, ha confermato
che “dieci anni fa, molte persone erano a conoscenza del problema
ossidazione precoce dei vini bianchi, ma non volevano parlarne. Oggi si
sta verificando la stessa situazione con i vini rossi”.
Dubourdieu indica l’annata 2003, come l’esempio più
evidente dell’ossidazione precoce dei vini rossi. “È
una questione non soltanto limitata a Bordeaux una zona che produce vini
rossi longevi - ha sottolineato il professore francese - ma anche a regioni
come la Toscana e Napa Valley, dove dovrebbero essere consapevoli dei
potenziali problemi legati a questo fenomeno”.
I vini rossi hanno una maggiore protezione contro l’ossidazione,
rappresentata dai tannini e dai polifenoli, naturalmente “protetti”
dall’azione dell’ossigeno, ma, evidentemente, questo non basta.
I segni di ossidazioni precoci nei vini rossi passano attraverso la comparsa
di alcuni marcatori aromatici come i profumi di prugne, frutta cotta e
fichi secchi, ed è spesso legata ad una rapida evoluzione del colore.
Dubourdieu, insieme a Valérie Lavigne e Alexandre Pons ha individuato
due molecole specifiche che conferiscono l’aroma di prugna e di
frutta cotta e che si sviluppano rapidamente in presenza di ossigeno.
Le cause sono numerose, Dubourdieu ha individuato le principali nella
vendemmia tardiva, con lo scopo di raggiungere uve più mature con
bassa acidità, pratiche enologiche che privilegiano barrique nuove,
dosi sempre più basse di anidride solforosa in particolare quando
è accoppiata con un pH elevato (oltre un pH 4, la SO2 perde quasi
tutta la sua efficacia).
“Si tratta di pratiche che i produttori stanno facendo con le migliori
intenzioni. - ha spiegato il docente bordolese - Uve più mature,
rovere nuovo, basso tenore di solforosa, sono tutte cose destinate a migliorare
il vino. Ma io preferirei mettere in guardia gli enologi piuttosto che
rappresentare una voce solo “politically correct”. (www.winenews.it)
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