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AZIENDE
E PRODOTTI
Pesce spada a rischio per l’invasione
dai Paesi extra UE
I nostri mercati sono invasi da pesce spada
proveniente da paesi extra europei in particolare dal Marocco tramite
le lobby commerciali della Spagna con notevole danno per il nostro prodotto
locale.
Questo l’allarme lanciato dal Direttore tecnico nazionale dell’Anapi
pesca Francesco Zizzo. Le norme dell’ICCAT sui grandi pelagici (tonno,
pesce spada, alalunga) recepite dalla UE vietano in Italia la cattura
dei pesce spada nei mesi di ottobre novembre e marzo. In particolare il
regolamento UE n. 1224/09 e quello di esecuzione n. 104/2011che riguarda
l’attuazione del sistema di controllo della pesca rappresenta su
tutti – secondo quanto afferma Zizzo – la causa del dissesto
dell’attività della pesca in Italia e nei paesi del Mediterraneo
aderenti all’UE. Mentre in Italia gli operatori della pesca devono
osservare le rigide norme europee, gli altri paesi, non solo sono liberi
di pescare come vogliono, ma esportano poi nei nostri mercati i loro prodotti.
Il risultato è che l’attività peschereccia italiana,
settore in profonda crisi, viene ulteriormente danneggiato”.??La
pesca del pesce spada avveniva fino al 1 gennaio del 2002, quando ne è
stato vietato l’uso, con le spadare che calavano le reti in mare
e pescavano il pesce. Oggi la pesca si può fare con il “palangaro”
ossia con una lunga lenza cui vanno attaccate le esche. Questo comporta
un notevole aumento dei costi, sia per il gasolio impiegato (le barche
si devono spostare di più) sia per il costo dell’esca. Il
costo del gasolio infatti rappresenta il 60% dei costi di gestione e se
si considera che dal 2007 c’è stato un aumento del 250% si
comprende subito la grande difficoltà dei pescatori. Inoltre l’esca
impiegata per lo spada è principalmente lo sgombro (ma anche
calamari e totani) se si considera che vengono piazzati circa 2000 ami
per imbarcazione, il costo dell’esca ammonta a circa 2000 euro.
D’altro canto - ci spiega Zizzo – il prezzo del prodotto all’ingrosso
si aggira sui 7/8 euro al chilo ed è rimasto pressoché invariato
negli ultimi anni. Anche se poi il prezzo finale per il consumatore aumenta
notevolmente con la vendita al dettaglio. Nella flotta italiana sono presenti
12 tonnare volanti e 30 palangari a fronte delle migliaia di palangari
presenti negli altri Paesi.??Esistono soluzioni per evitare l’invasione
di prodotto estero nei nostri mercati. Ad esempio per ciò che riguarda
il tonno rosso che si pesca, in particolare in questo periodo dell’anno,
è tollerata una cattura accidentale pari a kg 750. “Questa
quantità - continua Zizzo - potrebbe essere accresciuta senza problemi
considerato che, grazie a un recente studio per conto dell’ICCAT,
è stato verificato come la presenza del tonno nei nostri mari sia
aumentata, non si tratta quindi di una specie in estinzione, anzi la sua
maggiore presenza va a scapito del piccolo pesce azzurro (alici e sarde),
principale alimento del tonno. Si potrebbe allora, sia aumentare la quota
di tonno accidentale pescato dai 750 chili tollerati a 1500 chili, sia
riaprire le quote tonno ai palangari che sono attualmente sprovvisti di
quota. Il prodotto estero importato proviene non solo dal Marocco, ma
anche dall’Albania, dai paesi del nord Africa e da alcuni paesi
asiatici. La massiccia presenza di pesce spada nei nostri mercati non
solo danneggia i nostri pescatori, ma va a scapito anche della qualità
del prodotto. Il pesce dell’Atlantico o del Pacifico infatti, non
ha le stesse caratteristiche organolettiche di quello del Mediterraneo
e sicuramente arriva a noi dopo essere stato congelato. L’eccessiva
quantità di prodotto induce infine il compratore a non fare più
distinzione tra il pesce nostrano e quello estero.??L’Anapi Pesca
lancia quindi un appello agli Organi competenti affinché vengano
intensificati i controlli per salvaguardare la flotta italiana e in particolare
quella del nostro meridione e della Sicilia, dove l’attività
peschereccia è spesso a conduzione familiare e quindi più
esposta a rischi di fallimento. L’invito è quello di regionalizzare
l’attività di pesca per evitare che le nostre marinerie,
già al collasso siano costrette a chiudere.
(Aurora Rainieri - www.cronachedigusto.it)
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