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Vino: quali i mercati del futuro?
Presentato al Vinitaly lo studio Ismea sul posizionamento del vino
tricolore e dei suoi competitor nei mercati maturi e nei Paesi che esprimono
maggiori potenzialità di crescita
Nonostante la flessione dei volumi consegnati oltre confine, Italia mantiene
salda la sua leadership come primo fornitore mondiale di vino in termini
quantitativi (in valore rimane ancora importante il gap con la Francia
), e mette a segno nel 2012 un nuovo record di fatturato (4,7 miliardi
di euro in aumento del 6,5% sul già ottimo 2011).
Questo lo scenario di fondo da cui muove l'analisi Ismea presentata oggi
al Vinitaly nell'incontro "Vino: big spender e mercati emergenti,
andamento della domanda e posizionamento dell'Italia rispetto ai competitor".
Il seminario, partendo dall'analisi della dinamica del commercio internazionale
di vino degli ultimi anni, fotografa l'evoluzione delle quote di mercato
italiane e dei suoi principali concorrenti nei tradizionali Paesi acquirenti
(Stati Uniti, Regno Unito e Germania), nei mercati in fase di consolidamento
(Cina e Russia) ed in quelli che, attualmente, esprimono le maggiori potenzialità
di crescita (Far East, Est europeo comunitario e non e Sud America).
I BIG SPENDER DI SEMPRE: USA, REGNO UNITO, GERMANIA
Tra i grandi importatori mondiali di vino, Usa, Regno Unito e Germania,
in ordine di importanza per valore della spesa, concentrano quasi il 40%
della domanda internazionale di vino. La dinamica dell'ultimo anno vede
un balzo di circa il 14% sia nei volumi sia nei corrispettivi monetari
negli States, a fronte di un deciso passo indietro delle quantità
acquistate in Germania (-7%) seppur con un mantenimento della spesa sui
livelli dell'anno precedente. Più netta la forbice nel Regno Unito
dove alla flessione degli ettolitri (-5%) fa eco un incremento degli esborsi
del 10%.
L'Italia è leader nel mercato statunitense e tedesco, sia in volume
che in valore. Negli Usa detiene una quota pari al 29% del mercato, davanti
alla Francia e all'Australia, mentre nel Paese teutonico copre il 35%
della spesa, posizionandosi davanti al concorrente transalpino in termini
monetari e alla Spagna in termini quantitativi. Nel Regno Unito il primato
spetta alla Francia con un giro d'affari all'export che è oltre
il doppio di quello italiano (1,4 mld di euro nel 2012 contro i 570 milioni
della Penisola), nonostante i quantitativi di vino tricolore spediti oltre
la Manica siano di gran lunga maggiori.
I NUOVI BIG: CINA E RUSSIA
A ridosso dei tre grandi importatori mondiali si stanno affermando Russia
e Cina, con un quantitativo poco al di sotto dei 5 milioni di ettolitri
nel 2012 per la prima (817 milioni di euro in valore) e di circa 4 milioni
di ettolitri per la seconda (1,2 miliardi di euro in valore). Per entrambi
i Paesi il 2012 ha visto aumentare la spesa di vino e mosti di oltre il
18%, mentre in termini quantitativi è solo il gigante asiatico
a registrare un avanzamento (+8% sul 2011). In solo sette anni, sottolinea
l'analisi Ismea, l'import cinese si è decuplicato, passando dai
500 mila ettolitri del 2006 ai quasi quattro milioni attuali e balzando
dal ventesimo al quinto posto nella classifica dei paesi importatori.
A beneficiare delle pressioni all'acquisto in Cina è soprattutto
la Francia che detiene una quota pari alla metà del totale della
spesa cinese di vino straniero. Ben posizionati anche l'Australia e il
Cile, con un rinnovato protagonismo da parte del Paese sudamericano nella
fornitura di vino sfuso, dove rincorre il primato temporaneamente ceduto
alla Spagna. Il vino tricolore oltre la Grande Muraglia è ancora
lontano invece dal giocare un ruolo di prim'ordine, con una quota pari
all'8% in volume e al 6% in valore, pressoché stabile negli anni,
nonostante la tendenza alla crescita dell'import dall'Italia. Decisamente
migliore la posizione competitiva nel mercato russo, dove l'Italia resta
leader in termini di valore, distaccando di poco la Francia, e si colloca
al secondo posto per le quantità riducendo molto nell'ultimo anno
il gap con la Spagna.
QUALI NUOVI MERCATI
Secondo Ismea, le maggiori potenzialità, specie per le aziende
italiane, si riscontrano nei nuovi mercati dell'Europa dell'Est, comunitari
e non, che negli ultimi cinque anni hanno incrementato notevolmente
la propria domanda, con percentuali di crescita che vanno dal più
38% della Repubblica Ceca (il mercato al momento più importante
dell'area, 14mo nel ranking mondiale degli importatori di vino nel 2012)
al +255% dell'Ungheria. Ovviamente, sottolinea l'Istituto, percentuali
così elevate sottendono volumi ancora limitati, ma l'Italia anche
in virtù della prossimità geografica, ha tutte le credenziali
per svolgere un ruolo chiave. Di fatto è già leader in Bulgaria,
Repubblica Ceca e Ungheria, mentre rappresenta il primo "follower"
in Estonia, Polonia e Romania.
Spostandoci decisamente più a est, l'estremo Oriente costituisce
un'altra area da presidiare con attenzione. Mettendo da parte Cina e Giappone,
guida il gruppo del Far East Hong Kong, che nel 2012, ha importato per
prima volta negli ultimi 10 anni oltre mezzo milione di ettolitri. A seguire
Singapore, Taiwan e con più distacco l'India, il cui ritmo crescita
è però di tutto rispetto (+263% nell'ultimo quinquennio,
sui cinque anni precedenti). In quest'area l'import parla decisamente
francese, mentre l'Italia si colloca alle spalle dei Paesi del nuovo
mondo.
In Sud America sfiorano gli 800 mila ettolitri le importazioni brasiliane,
mentre in Messico le richieste superano di poco i 400 mila. Anche in quest'area,
l'Italia non ha un ruolo di leader, tutt'altro. La vicinanza geografica
sposta l'attenzione sui vini dei vicini produttori sudamericani, mentre
le affinità culturali fanno della Spagna il primo fornitore europeo.
*dati provvisori
Fonte: Elaborazione Ismea su dati Istat – www.ismea.it
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