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AZIENDE
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Gli scenari “post crisi” per il
vino italiano parlano chiaro
La crescita è all’estero nei mercati consolidati
(Usa e Germania), emergenti (Cina e Russia), e nuovissimi (come l’Africa).
I numeri dell’indagine di Denis Pantini by Winemonitor-Nomisma
La crisi economica, esplosa in tutto il
suo fragore nel 2007, in pochi anni ha cambiato molti degli scenari del
mercato mondiale. Anche nel vino. E ora che si iniziato ad intravedere
piccoli segnali di ripresa, a livello globale, è il caso di fare
il punto, come ha fatto la ricerca di Denis Pantini di Winemonitor-Nomisma
(www.winemonitor.it), di scena nell’assemblea “settore vino”
di Fedagri-Confcooperative, di scena a Bevagna (Perugia). Da cui emerge,
intanto, che dal 2007 al 2012, il consumo complessivo di vino diminuito,
del 4,7% a livello mondiale. Soprattutto per il calo dei consumi interni
dei principali Paesi produttori (Francia -5,9%, Italia -15,2%, Spagna
-29%) e di alcuni mercati storici (Germania -3,8%, Regno Unito -8,5%),
che la crescita di Paesi consumatori vecchi (Usa +4,1%) e nuovi (Cina,
+28%), non è riuscita a compensare del tutto. In questo scenario,
l’Italia, ha visto ridursi la forbice tra vino consumato e vino
esportato, i cui livelli sono ormai praticamente alla pari: 22,6 contro
21,3 milioni di ettolitri (nel 2007 il rapporto era 26,2 a 18,6).
Un calo interno sostanzioso, dunque, e che sembra accentuarsi visto il
-7,2% in volume nella gdo, che oramai rappresenta il 65% delle vendite
di vino in Italia. Fondamentale l’export, dunque, da cui, per fortuna,
sembrano arrivare buone notizie: nei mercati più importanti, i
valori del vino italiano esportato sono tutti in crescita nei primi 7
mesi del 2013 sul 2012: +6,3% in Usa, +6,4% in Germania, +4,8% in Uk,
+10,3% in Cina e Svizzera, +41,7% in Russia, per citarne alcuni.
Paesi in cui, per altro, il Belpaese guadagna ovunque quote di mercato
(ad eccezione della Cina, dove se è vero che il business del vino
italiano è cresciuto, nello stesso tempo sono arrivati nuovi competitor,
soprattutto dal Nuovo Mondo, e dove la Francia, con il 49,8% del mercato,
continua a farla nettamente da padrona). Una situazione positiva all’estero,
dunque, grazie alle performance delle Regioni top, storiche ed emergenti
del vino italiano, che tra il 2007 e il 2012 hanno visto crescere i valori
del vino esportato a doppia cifra: +2,7% Umbria, +15,4% Trentino Alto
Adige, +17,9% Piemonte, +26,9% Toscana, +36,9% Abruzzo, +41,2% Lombardia,
+47,3% Veneto, +50,8% Emilia Romagna, +99,5% Puglia (che, insieme rappresentano
il 92% dell’export di vino italiano).
Dai numeri, dunque, appare evidente che le prospettive di crescita per
il vino del Belpaese, anche nel migliore degli scenari possibili sul fronte
dei consumi interni, siano all’estero. Anche perché ci sono
mercati completamente nuovi in cui i consumi di vino, pur partendo da
numeri piccolissimi stanno crescendo rapidamente, dalla Polonia al Messico,
dalla Corea del Sud alla Thailandia. Senza sottovalutare (ne sopravvalutare,
ndr), l’Africa: in Paesi come l’Angola, per esempio, dal 2002
al 2012 i consumi di vino sono cresciuti del 608%, per un valore di 158
milioni di euro; in Nigeria si registra addirittura un +20.864%m a 91
milioni di euro. Crescite che sono frutto non tanto di uno sviluppo economico
di una classe media che si da al vino, quanto dell’arrivo di imprese
straniere, con personale e manager, da altri continenti più abituati
al consumo del nettare di Bacco, e che stanno “seminando”,
nel “Continente Nero” la basi per un potenziale mercato enoico.
(www.winenews.it)
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