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Vino, profezia di Morgan Stanley: nel futuro sarà una rarità
Molti consumatori, poco prodotto. L'enologo Cotarella: "È
più probabile che finisca prima il petrolio"
Amanti del vino, godetevi questi
anni perché saranno gli ultimi d'abbondanza: nel futuro, il vino
sarà merce rara e difficilmente bevibile dall'uomo comune.
Questo il messaggio
di Morgan Stanley: la banca d'affari ha reclutato due esperti australiani,
Tom Kierath e Crystal Wang, che sono giunti alla sgradevole conclusione.
Secondo Kierath e Wang, la scarsità futura sarà determinata
da due fattori.
Da un lato la crescita dei Paesi assetati di vino, con le potenze tradizionali,
come USA e Paesi Europei, ha dividersi il mercato con gli emergenti: Cina
e le altre tigri asiatiche, ma anche Cile, Australia e Nuova Zelanda.
Dall'altro, l'impossibilità di aumentare la produzione, causata
da fenomeni come i cambiamenti del clima e la cementificazione di aree
potenzialmente destinabili all'agricoltura.
Nel presente, la ricerca parla di un aumento dei consumi (+1%) e da un
calo della produzione (-10%): nel futuro, "I prezzi diventeranno
più elevati" e la materia prima più scarsa.
Perciò, Stanley Morgan consiglia di acquistare vino pregiato e
poi di rivenderlo.
Capace di ottenere grande risalto, la previsione ha però ottenuto
anche critiche e pareri contrari.
Come quello dell'Organisation internationale de la vigne e du vin, che
non vede nessuna crisi irreversibile per il bino: anzi, "Dopo 5 raccolti
consecutivi modesti (dal 2007 al 2011) e un 2012 eccezionalmente scarso,
la produzione 2013 può essere considerata relativamente elevata,
tenuto conto della riduzione del vigneto comunitario".
Lo stesso scetticismo è mostrato da Riccardo Cotarella, presidente
degli enologi italiani. Cotarella è lapidario: "Un mondo senza
vino? È più probabile che finisca prima il petrolio".
Il vero problema è la sostenibilità economica del sistema,
specialmente il reddito dei produttori: "Il guadagno medio è
di 500 euro a ettaro per le uve usate per i vini da tavola. Discorso diverso
per le zone doc e dogc, ma il mondo non beve solo Brunello o Amarone".
Insomma, se l'uomo rimane un enigma, la natura rimane una risorsa: "E'
vero che si affacciano sul mercato nuovi Paesi, ma ora il clima mutato
permette di fare il vino in luoghi del Nord prima impensabili".
Matteo Clerici - http://www.newsfood.com/
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