AZIENDE E PRODOTTI

Etichettatura delle carni: per Agrinsieme una decisione che rischia di aggiungere poco in termini di chiarezza e molto in complicazioni

Non soddisfa Agrinsieme (il coordinamento cui aderiscono Cia, Confagricoltura e l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari) il regolamento comunitario sull’etichettatura di origine delle carni fresche varato ieri dalla Commissione europea e che si applicherà dal 1° aprile 2015 alla carne di suini, ovicaprini e pollame commercializzata nell’UE anche se originaria di paesi terzi.

“Il meccanismo per indicare l’origine delle carni - in particolare per quanto riguarda i suini - non tutela pienamente il consumatore in fatto di chiarezza, è complesso e, anche per questi motivi, contrasta con gli interessi degli allevatori italiani”. Così Agrinsieme commenta le regole previste per l’etichettatura (v. schema allegato).

“Abbiamo chiesto da sempre di rendere obbligatoria l’indicazione del luogo di nascita dell’animale in analogia con quanto previsto da diversi anni per la carne dei bovini - commenta Agrinsieme – e si è preferito invece non informare il consumatore su questo importante aspetto. Inoltre avevamo sempre ritenuto opportuno e necessario, per assegnare l’origine, che l’animale dovesse essere nato, allevato e macellato in un medesimo Stato membro. Questa sarà solo un opzione e non la regola generale. E sarà invece possibile “nazionalizzare” gli animali nel caso di presenza in allevamento per un certo numero minimo di mesi.

“In questo modo, avverte Agrinsieme, sarà possibile ad esempio ‘nazionalizzare’ la produzione suinicola estera allevata solo per 120 giorni in Italia. Ed anche qui il regolamento è stato meno attento alle nostre produzioni: Agrinsieme aveva chiesto che l’origine fosse assegnata in corrispondenza di almeno sei mesi di allevamento non solo i quattro previsti dal regolamento; così non rispettando neanche il criterio di prevalenza della durata del ciclo.”

“Alle nostre richieste – conclude Agrinsieme – ci è stato sempre opposto che il criterio da noi individuato fosse complesso anche da gestire. Sfidiamo però a dimostrare che i meccanismi del regolamento approvato siano più lineari e comprensibili dai consumatori. A noi non pare così e, se vogliamo, abbiamo tempo sino al 2015 per ripensarci. Nell’interesse dei nostri allevatori, delle nostre filiere zootecniche ed anche dei consumatori.”

Confagricoltura
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