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AZIENDE
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Vino: il novello perde appeal e quote di mercato.
In dieci anni l’80 per cento in meno di bottiglie sugli scaffali
Secondo la Cia, dopo il picco produttivo toccato nel 2002 con 18 milioni
di bottiglie c’è stata una continua flessione, complice il
cambiamento dei gusti dei consumatori. Nessun effetto evidente sulla vitivinicoltura
nazionale, visto che il novello incide solo per lo 0,2 per cento.
Una moda al tramonto. Il vino novello continua a perdere fascino e fan.
Ma meno ammiratori vuol dire meno produzione sui campi e meno bottiglie
in vendita sugli scaffali. E infatti in dieci anni si sono perse per strada
ben 14 milioni di bottiglie, passando dal picco storico di 18 milioni
raggiunto nel 2002 fino ad arrivare a 4 milioni scarsi del 2012, con un
crollo che si avvicina all’80 per cento. Lo afferma la Cia-Confederazione
italiana agricoltori, alla vigilia dell’apertura della stagione
del “novello”.
In realtà l’ennesimo calo di quest’anno non avrà
effetti pesanti sul “pianeta vino” e sui vitivinicoltori -osserva
la Cia- visti i bassi volumi di questo prodotto che oggi incide con lo
0,2 per cento sulla produzione enologica nazionale.
Partito come fenomeno di nicchia, negli anni Novanta il vino novello ha
conquistato i palati italiani, diventando il simbolo dell’autunno
assieme alle castagne. Ma si è trattato di un trend passeggero.
Oggi il vino “giovane” -ricorda la Cia- ha perso gran parte
del suo “appeal” perché non rispecchia più i
gusti dei consumatori, maggiormente orientati verso rossi corposi e più
alcolici. Il novello, invece, mutuato dalla Francia all’indomani
dello scandalo del vino al metanolo, fu lanciato sul mercato per allargare
i consumi anche tra i giovani, con la proposta di una bevanda a bassa
gradazione che potesse conquistare gli “under 30”. Una strategia
di mercato che ha funzionato molto bene per tutti gli anni Novanta, ma
ora il suo successo si sta lentamente esaurendo.
Ed è per questo che le circa 300 aziende del Paese che producono
“novello” spesso preferiscono limitare la quantità
di uve destinate a questa produzione, per concentrarsi piuttosto su altre
varietà più richieste. Anche perché, nonostante il
calo produttivo, il prezzo resta fermo a una media di 5 euro a bottiglia
fino a un massimo di 10 euro. Il giro d’affari dovrebbe aggirarsi
quest’anno tra i 20 e i 25 milioni di euro -conclude la Cia-. Una
cifra minima se confrontata al fatturato complessivo del vino “made
in Italy”, che nel 2011 ha superato i 10 miliardi di euro con esportazioni
pari a 4 miliardi. (www.cia.it)
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