|
AZIENDE
E PRODOTTI
Soccorso al Parmigiano terremotato Boom di
vendite e ordini sul web
Le forme di Parmigiano-Reggiano rovinato
dalle scosse sismiche messe in vendita a prezzo ribassato dalla cooperativa
sociale "La Cappelletta" di San Possidonio in Provincia di Modena
Sono decine di migliaia le forme danneggiate dal sisma.
Ma c’è chi specula sui prezzi
Il web il suo miracolo lo ha già fatto: le foto delle cataste di
forme di Parmigiano Reggiano rovinate al suolo hanno fatto il giro del
mondo all’indomani del sisma e dopo i primi scoramenti, molte aziende
casearie piccole e meno piccole delle zone danneggiate hanno avuto la
stessa idea: «Mettiamo in vendita a prezzo di realizzo il parmigiano
danneggiato», ed è stato subito boom. Attraverso i siti,
naturalmente: lo rileva l’Arci locale, che ha dato una mano organizzativa
alle aziende casearie e ha diffuso questa notizia: «Arci Modena
e Filieracorta sono state sommerse di mail di richiesta di ordinazione
di Parmigiano Reggiano dell’azienda colpita dal terremoto».
Il boom di richieste è confermato anche dal Consorzio Parmigiano
Reggiano, che appresenta tutte le aziende produttrici dell’oro reggiano.
«Sulla nostra pagina Facebook spiegano dall’ufficio stampa
- abbiamo avuto in poche ore migliaia di condivisioni del nostro appello
ad acquistare le forme danneggiate». A un certo punto, anzi, hanno
dovuto interrompere il flusso. I prezzi vanno da 11,5 euro al kg in pezzi
da mezzo chilo o un chilo sottovuoto per il formaggio invecchiato 14 mesi;
13 euro per l’invecchiamenti a 27 mesi e 11 euro al chilo per la
crema spalmabile. Non tutti sono d’accordo, però: «Sì,
quella di vendere il parmigiano danneggiato attraverso Internet e direttamente
ai consumatori è un’idea come un’altra ma non è
quella che ci salverà. Tanto per dire: quando a Natale le Coop
fanno le vendite promozionali nei supermercati, in due mesi si smerciano
non più di settemila forme. E vuole sapere quante ne abbiamo qui?
90 mila. La generosità degli italiani e della gente di queste parti
è proverbiale ma non è vendendo al dettaglio che ci potremo
risollevare». Lo racconta, tra i capannoni della Albalat di Albareto,
10 chilometri da Modena, il presidente del caseificio Ivano Chezzi. Guarda
le montagne di parmigiano crollate l’una sull’altra nei magazzini-deposito
ed è come se stesse guardando dei figli feriti. «Ne continuiamo
a produrre cento al giorno, poi ci vogliono 12 mesi prima che diventi
dop e tre anni di stagionatura. Solo che da domenica non ne stiamo vendendo
più nemmeno una forma». Nei suoi occhi, più che la
paura, c’è la voglia di ripartire in fretta. «Qui i
capannoni hanno retto benissimo - racconta Chezzi - nemmeno una crepa,
neanche una piccola fessura. Invece sono caduti gli scaffali...».
E si parla di altezze vertiginose: 15, 20 metri di mensole in legno una
sull’altra, le «scalere», riempite di forme rotonde
di parmigiano da 40 chili ciascuna che sono precipitate a terra affastellandosi,
spaccandosi, incrinandosi. Un patrimonio da 40 milioni di euro, solo qui,
che se non si interverrà al più presto, dovrà essere
fuso, riducendo il suo valore di quasi il 90 per cento. «Delle nostre
90 mila forme, solo 15 mila non sono cadute. E ora dobbiamo controllare
quali si possono salvare delle rimanenti 75 mila». Per non parlare
della conservazione che con questo caldo rischia di far ammuffire i pezzi
salvati. «Abbiamo chiesto aiuto alle celle frigorifere per la frutta
di Vignola e poi è iniziata una gara di solidarietà tra
i vari caseifici che si tasseranno per aiutare i più danneggiati».
Un disastro che riguarda tanti caseifici della zona, al punto che la Federagricoltori
calcola finora un danno complessivo di 250 milioni. Perché da queste
parti il Parmigiano dop è paragonato all’oro, vale più
degli euro. È capitale vivo e sonante, tanto che le banche lo accettano
in «pegno» per finanziare le attività produttive e
anticipare i soldi ai caseifici. Per questo, le forme di parmigiano sono
in gran parte assicurate. Se però vengono danneggiate, altro che
derivati spazzatura: una delle più antiche forme di economia agroalimentare
rischia di saltare. Non a caso, spiega Maurizio Gardini, presidente di
Fedagricola e Confcooperative, «gli avvoltoi si stanno già
muovendo, da ieri stanno girando nei vari caseifici offrendo di pagare
a 6 euro e 80 al chilo per la grande distribuzione un formaggio che normalmente
si vende a 12». Per questo non tutti i produttori vedono di buon
occhio l’iniziativa dell’Arci di Modena, che da ieri ha organizzato
vari punti vendita nella città, «per sostenere le aree agricole
colpite dal sisma e favorirne al più presto il ritorno alla normalità»,
come recita un comunicato della Coldiretti.
Però non ne vogliono nemmeno fare un dramma: «Va bene anche
la solidarietà, intendiamoci» dice Chezzi. «Non vogliamo
però che diventi anarchia», aggiunge Giuseppe Alai, presidente
del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, 16.500 addetti («Come
l’Alitalia prima del ridimensionamento...», sogghigna), tra
Parma, Reggio, Modena, un pezzetto di provincia di Mantova e uno di Bologna.
«Vogliamo controllare le vendite, non possiamo fare errori. Oggi
il mercato è fatto di 3 milioni e 200 mila forme di cui il 32%
venduto all’estero, il resto in Italia». Valore alla produzione:
un miliardo e 200 milioni con un raddoppio al consumo. Un business gigantesco,
che nessuno sciame sismico riuscirà a fermare. (Paolo Colonnello
- www3.lastampa.it)
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|