|
AZIENDE
E PRODOTTI
L’Asti D.O.C.G nel Paese del Sol Levante
Incontro di approfondimento sul mercato giapponese
Profumo di mosto dei vini astigiani Spumante
e Moscato per uno scambio di nozioni con illustri ospiti giunti dal “Paese
del Sol Levante” per partecipare ad un “incontro di approfondimento
sul mercato giapponese” che si è svolto ad Asti nella sala
delle conferenze di Palazzo Gastaldi sede del Consorzio per la Tutela
dell’Asti.
Dopo il recente incontro, per mettere a fuoco il punto su specifici mercati
del nostro prodotto astigiano con gli Stati Uniti, è stata la volta
del Giappone a dare l’occasione di confrontare e analizzare la posizione
dell’Asti Docg e del Moscato d’Asti Docg su un mercato così
importante come il Giappone, uno tra i migliori importatori dei prodotti
e della cucina italiana.
Sono cinque gli ospiti giapponesi protagonisti del dibattito che ha sottolineato
le strategie promozionali in un confronto tra la nostra cultura del cibo
e quella nipponica, tra il nostro modo di “fare pubblicità”
e le vere esigenze pubblicitarie di un popolo che ama la nostra cucina
ma è distante da noi come cultura e filosofia di vita.
A condurre il dibattito è il giornalista Sergio
Miravalle che nel ruolo di regista ha fatto da moderatore all’incontro
con gli esperti provenienti dal Giappone per confrontare due culture...
ma con un solo obiettivo: promuovere i vini astigiani, Asti e Moscato
d’Asti.
Cinque professionisti giapponesi con esperienza e professionalità
nel settore del vino, protagonisti dell’incontro tra le nostre bollicine
spumeggianti con la voglia di conquistare il mercato nipponico: Kunio
Bansho, caporedattore della rivista “Wands” magazine del wine&spirits
trade; Keiko Murata, caporedattore di “The Wine Kingdom”,
magazine per wine lovers; Isao Miyajima, giornalista freelance delle principali
testate del settore wine, The Wine Kingdom, Wands e Winart e le nostre
guide italiane “I Vini d’Italia” dell’Espresso
e “Ristoranti d’Italia” del Gambero Rosso; Tomimi Tsujimoto
dell’Azienda Foodliner uno dei più noti importatori del settore
wine&food italiano, Keinichi Tani, fotografo freelance, tra le sue
collaborazioni vi è The Wine Kingdom.
Un incontro-scontro che ha esaltato la cucina italiana protagonista
assoluta del gusto dei giapponesi e i nostri Spumanti, ma ha messo in
luce anche i pregi e i difetti... degli italiani!
Qualcuno definisce i giapponesi dei “fanatici”, ma senza sottolineare
la differenza tra il loro “fanatismo-intelligente” di tipo
tradizionale, culturale, legato all’amore per il Giappone e basato
sull’onore, le tradizioni, il lavoro, le regole, il rispetto verso
la natura e il desiderio di contribuire al benessere del paese, ben diverso
dalla sostanza che compone quel fanatismo religioso e di razza che non
rende nulla né a chi lo pratica, né alla causa per cui lo
attua e finisce in sciocche esibizioni di dubbia intelligenza.
E così dal dibattito emergono quelle profonde differenze tra italiani
e nipponici che sono alla base dei rapporti commerciali e penalizzano
i nostri vini che faticano a imporsi sul mercato giapponese mentre altri
hanno più facilità ad essere assimilati alla cultura del
cibo dei giapponesi.
Amo la mia città e quell’Italia che però non sento
più mia e stento a riconoscerla come la mia Patria da difendere
e di cui sentirmi orgogliosa e per questo provo un velato senso di rammarico
quando riconosco che purtroppo il loro modo di vedere gli italiani è
vero, è ciò che siamo veramente: disordinati, poco affidabili,
poco inclini alle regole, totale assenza di puntualità, poca attitudine
al lavoro, con molte idee ma “da lasciare nel cassetto” o
nel migliore dei casi le attuiamo ma senza prima approfondirle e valutarle,
così non sempre otteniamo l’effetto desiderato: e su questi
nostri difetti si soffermano gli oratori!
Ci parlano anche di come la cultura del bere per i giapponesi è
diversa dal nostro uso di vino a tutto pasto.
Mentre noi seguiamo un “quasi rito” della tavola che comprende
stuzzichini e aperitivo, antipasti, primi, secondi e contorni, dolci,
caffè, digestivo, e il tutto accompagnato di volta in volta da
vini diversi, adatti all’abbinamento con la portata, come Spumante
da dessert, bianchi secchi per gli antipasti, neri per i primi e i secondi
e Moscato per i dolci, loro usano portare in tavola tutto ciò che
prevede il pranzo e tra questo ognuno decide e sceglie cosa mangiare,
bevendo in prevalenza quelle che per noi sono “bibite, succhi di
frutta, acqua minerale”.
Un terzo dei giapponesi non beve vino e alcolici, l’altro terzo
è composto dalla nuova generazione di giovani che preferiscono
l’acqua minerale e le bevande dolciastre come la Coca Cola o vini
come lo Spumante ma aromatizzato ai frutti, il rimanente terzo è
astemio per costrizione fisiologica.
Se esiste una parte di “bevitori di vini europei” la maggioranza
non conosce ancora gli alcolici, il vino più bevuto è il
francese, e l’italiano Prosecco. Il trend delle nostre frizzanti
bollicine è in crescita, ai brindisi nipponici “saltano i
tappi” a 2 milioni di bottiglie e cresce il consumo del vino tra
le donne. Non producono vino: comprano il mosto dal Sudamerica e il vino
prodotto è ad uso nazionale, non lo esportano.
Importano molti prodotti dall’Italia che per loro è il paese
più ambito e amato, non a caso è emerso che hanno un vero
e proprio culto per i nostri cibi, i nostri prodotti, e il 95% dei loro
ristoranti è la “tipica cucina italiana” gestita da
chef che si sono specializzati alla ICIF di Costigliole d’Asti.
Secondo gli ospiti, il nostro vino è poco o male presentato, sia
come pubblicità e immagine, che come prodotto in abbinamento ai
cibi presentati in occasione di eventi o circostanze. Occorrerebbe un’altra
pubblicità e un’altra variante più conforme alla loro
cultura, ma indubbiamente se la variante pubblicitaria non arrecherebbe
danni al sapore, la variante più conforme alla loro cultura comporterebbe
variazioni di sapore e si dovrebbe creare un prodotto dal sapore diverso.
Ricordiamoci che uno dei vini più bevuti nel Paese del Sol levante
è il Cava, uno spumante utilizzato per i brindisi, con cui potrebbe
ben competere il nostro prodotto, e ricordiamoci che un altro dei prodotti
di largo consumo è il Prosecco, un vino italiano con cui dovremmo
competere e con questo sarebbe come si dice “una lotta dura”,
all’ultima... bottiglia, perché il Veneto sa promuovere molto
bene i propri prodotti, qualunque essi siano, mentre “purtroppo”
noi abbiamo solo grandi idee, faraonici progetti... tanto da coinvolgere
i fratelli giapponesi, ma poi poca o niente voglia o possibilità
di attuazione, e lo confesso per... esperienza e con, da buona astigiana,
il... “magone”.
Occorrerebbe innanzitutto farlo conoscere come “aperitivo”,
attraverso i bar come sta facendo l’Aperol. A trainare il nostro
Spumante potrebbero essere proprio le donne, il nuovo “pubblico
dei vini” perché essendo più dolce e meno alcolico
ben si presta a questo tipo di consumatori... in rosa.
Un altro particolare che mi ha colpita è l’affermazione che
mentre prima bastava la dicitura “made in Italy” ora la ristorazione
tende a specificare anche il territorio e quindi si sono creati dei ristoranti
specializzati per regione e questo ci offrirebbe lo spunto per campagne
pubblicitarie con menù e abbinamenti del nostro territorio sfruttando
magari le nostre bellezze paesaggistiche, culturali, folcloristiche come
le Sagre vendemmiali e il Palio, ma prima di tutto abbiamo una vera “roccaforte
gastronomica internazionale” che nessun altro paese del mondo può
vantare: la prestigiosa ICIF-“Italian Culinary Institute for Foreigners”
a Costigliole d’Asti (AT), la scuola di cucina per stranieri che
ha come obiettivo “la tutela e la qualificazione dell’immagine
della cucina e del prodotti agro-alimentari delle Regioni italiane, attraverso
la formazione di professionisti della ristorazione che, seguendo i corsi
organizzati dall’Istituto, imparano ad assimilare il gusto e la
cultura alimentare italiana, prendere coscienza del valore e della qualità
dei prodotti tipici del nostro Paese e trasferire queste conoscenze a
colleghi e clienti nei loro Paesi d’origine” e ricordiamoci
che tra i cuochi presenti ai corsi di formazione una maggioranza è
proprio giapponese e nessuno meglio di questi potrebbe essere “addestrato”
ad abbinare i cibi con il nostro Spumante e il Moscato, sia come vino
per i brindisi che come vino per stuzzicanti proposte di aperitivi, ma
anche come “sottofondo” per risotto allo Spumante, arrosti,
brasati, deliziosi zabaglioni, creme al Moscato e allo Spumante e altre
delizie che potrebbero essere accompagnate a tutto pasto con questi vini.
Quel 95% di chef nipponici che hanno perfezionato la cucina italiana proprio
a Costigliole d’Asti sono tornati, o torneranno al termine degli
stage annuali, nella loro città ad aprire ristoranti italiani che
potrebbero divenire... a denominazione territoriale ovvero “cucina
tipica astigiana e monferrina”... e il gioco è fatto!
Loro ci hanno suggerito qualcosa che però... poi dovremmo mettere
in pratica, diversamente questo incontro tra Asti e il Giappone rimarrà
solo un... bel sogno nel cassetto, ma prima di tutto un sogno che abbiamo
gettato al vento per quella nostra incapacità di valorizzarci e
di proseguire le cose che iniziamo, come ci hanno abbondantemente sottolineato...
Un po’ di storia sulla ICIF per comprendere quella carta vincente
che abbiamo tra le mani per promuovere il nostro vino più di ogni
altro. Se il primo passo di questa scuola che diventerà presto
una delle più prestigiose di cucina italiana nel mondo è
iniziato a New York, il passo successivo è stato proprio con il
Giappone e una collaborazione con l’Associazione Cuochi di Cucina
Italiana e l’Istituto per il Commercio Estero di Tokyo. Agli inizi
del 1990 viene siglato l’accordo con Katsuyoshi Muroi, uno dei più
grandi chef giapponesi di cucina italiana che porterà in Italia
il Master di cuochi giapponesi, a cui la stampa ha dato ampio spazio all’evento.
Successivamente il ritorno a Tokyo degli studenti e la consegna dei diplomi,
sarà ampiamente presentata sui giornali nipponici che daranno grande
risalto all’evento: inizia l’epoca d’oro per la cucina
italiana!
L’eco delle nostre tavole imbandite giunge all’imperatore
che incuriosito convoca presso il “Palazzo Imperiale” Katsuyoshi
Muroi, divenuto consigliere della ICIF, e gli ordina di preparare una
cena a corte. Per l’occasione la ICIF realizza una serie di cene
italiane a base di prodotti provenienti da ogni regione d’Italia.
E’ per questi motivi che la città di Asti con la sua scuola
di cucina e i suoi prodotti è profondamente legata al Giappone
e meglio di ogni altro potrebbe promuoversi e potrebbe iniziare proprio
dalla Fiera Internazionale FoodEx di Tokyo l’evento che si svolgerà
ai primi di marzo e a cui il Consorzio Astigiano parteciperà e
sarà presente con dei cuochi che si sono formati alla ICIF.
Chiudiamo con un brindisi, e non diciamo “Cin cin” (qualcuno
mi ha suggerito che per loro è una “brutta parola”),
ma “Kampai” che è il loro augurio. Ma poiché
io sono astigiana e brindo nella mia città permettetemi di brindare
alla “vecchia maniera piemontese”! Magari mi farò un
auto-karakiri, magari sarà il mio ultimo banzai, ma... “Cin
cin con le bollicine dell’Asti Spumante e del Moscato!”.
di Alexander Màscàl
foto Matteo Saraggi
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|