AZIENDE E PRODOTTI

Uva in tavola: simbolo di vita, di pace, di abbondanza e di fertilità
L’uva è il frutto della vite composto da acini riuniti a formare un grappolo. Le due specie di vite più importanti per la produzione di uva sono: la Vitis vinifera, originaria dell’Europa, dalla quale derivano tutti i vitigni destinati alla produzione di uva da vino e di uva da tavola e la Vitis labrusca, originaria dell’America del nord, destinata principalmente alla produzione di uva da tavola e marginalmente per la produzione di vino.
La Vitis labrusca, essendo immune dalla fillossera che aggredisce le radici della vitis vinifera, è stata utilizzata sia come porta-innesto per la vite europea salvando il patrimonio viticolo destinato a scomparire per l’attacco della fillossera a fine ‘ 800.

L’importanza e la diffusione della coltivazione di uva da tavola nel mondo è testimoniata dalla sua produzione globale, che nel suo complesso ammonta a oltre 170 milioni di quintali
e in ben 43 Paesi supera la soglia dei 500 mila quintali. L’Italia, con i suoi 13 milioni di quintali, è il Paese leader europeo della produzione e dell’esportazione, mentre a livello
mondiale occupa, nell’ordine, il 4° e il 2° posto. In Italia l’uva da tavola è coltivata nelle regioni meridionali, dove trova l’habitat più adatto in alcune aree particolarmente vocate per condizioni pedoclimatiche e per la presenza di manodopera specializzata, nonché di operatori commerciali di consolidata esperienza, svolgendo un ruolo fondamentale in termini sia economici sia sociali. La concentrazione territoriale della coltura è evidente, se si considera che dei circa 67.000 ettari registrati in Italia nel 2008, il 93% si trova in tre sole regioni: Puglia, Sicilia e Basilicata, con la prima che copre il 66% dell’intera superficie vitata nazionale.

Nel nostro Paese la coltivazione dell’uva da tavola è andata man mano crescendo a partire dai primi decenni del secolo scorso, portandosi progressivamente verso le aree più vocate,
fino a diventare una coltura tipica solo dell’Italia meridionale e in particolare di due regioni, la Puglia e la Sicilia, che contribuiscono rispettivamente con circa il 70 e il 20% al totale nazionale. L’ampelografia, cioè la scienza della classificazione dei vitigni,divide le uve in funzione dell’impiego cui sono destinate: esistono perciò uve da vino, da tavola, a duplice attitudine (sia da vino sia da tavola) e da essiccare. Secondo alcuni studiosi la vite sarebbe
apparsa sulla Terra assai prima dell’uomo.
Si sono trovate tracce della sua coltivazione risalenti a quattromila anni fa ed alcuni reperti archeologici testimoniano del suo consumo fin dall’età preistorica. In Italia il consumo dell’uva da tavola allo stato fresco ha tradizioni antichissime. Le varietà più comuni sono la luglienga perché matura a fine luglio, il 26 giorno di sant’Anna: uva di “ prima epoca “ e la regina dei vigneti con acini grossi e gialli di sapore moscato.
Seguono le uve che maturano a ferragosto della “ seconda epoca“ con acini neri come il moscato d’Amburgo . Quelle di “ terza epoca “sono il moscato di Terracina con acini giallo dorati, l’Italia bianchi grossissimi e lo zibibbo ad acini ambrati e per finire il pizzutello dagli acini bianchi allungati della “ quarta epoca “ Poche uve maturano prima e sono considerate precocissime come, primus a grossi acini giallo dorati o precoci come la cardinal a grossi acini rotondi e consistenti, rosso violacei.
La croccantisima uva “ Italia “ presente da agosto a dicembre, dal chicco di grosse dimensioni, apprezzatissima sui mercati esteri è in assoluto la più pregiata tra le varietà nostrane; la sua disponibilità al consumo fino a Natale non è garantita dalla conservazione, ma dalla coltivazione particolare dei vigneti che, ricoperti con pellicole plastiche, consentono la ritardata maturazione dei grappoli. Un tipo particolare è l’uva “Concord“, meglio conosciuta come uva americana che deriva dall’uva selvatica, i cui semi furono piantati per la prima volta ne 1853 a Concord ( da cui il nome ) nel Massachusetts.

Simbolismo dell’uva.
“un grappolo d’uva ha una tale forza simbolica sia pagana sia cristiana da andare al di là della semplice rappresentazione di un frutto - dichiara Attilio Scienza nel suo intervento a Bari in occasione dell’incontro “Valori e valore dell’uva italiana”, organizzato da Bayer CropScience - inizialmente destinato alle mense dei ricchi fino al Medio Evo, con l’età moderna l’uva a tavola esce dai giardini dei signori, divenendo nell’’800 oggetto di una coltivazione industriale, non solo destinata all’autoconsumo o al commercio locale.
L’uva ha sempre rappresentato sulle tavole l’allegoria della ricchezza, e ancora oggi non può mancare a fine anno come simbolo benaugurale di salute, benessere e prosperità.
Inoltre, a differenza del vino, l’uva da tavola è apprezzata da tutti, superando ogni barriera culturale e religiosa.”

Michelangelo considera l’uva simbolo di vita
Da un candido blocco di marmo Michelangelo trae un Bacco giovane e longilineo, dove coesistono due significati allegorici : la morte con la pelle di leopardo stretta nella mano che trattiene un grappolo d’uva, simbolo della vita, furtivamente piluccato dal satirello.
La statua, in marmo, alta 203 cm., compresa la base, oggi è conservata nel Museo nazionale del Bargello a Firenze. Ai primi di luglio del 1496 Michelangelo, poco più che ventenne, aveva già acquistato un blocco di marmo di Carrara e realizzò la statua nel giro di un anno.
L’opera rivela una padronanza assoluta dell’anatomia, dei mezzi tecnici, dei valori di composizione, armonia ed equilibrio classici, ma anche di sorprendente capacità inventiva, perché creata secondo la fantasia dell’artista, senza derivazione diretta.
Una libertà immaginativa potente, sostenuta comunque da una solida conoscenza dell’antichità. Il gruppo raffigura Bacco, ebbro e barcollante, affiancato da un satiro bambino che ride maliziosamente e morde l’uva di nascosto. Rappresenta lo splendido risultato dell’incontro dello scultore poco più che ventenne con l’onnipresente e maestosa bellezza dell’antico in Roma.

Cresciuto nella solitudine dei boschi Dioniso pianta la vite e si compiace di vagare, coronato d’edera e di alloro con un numeroso corteo di geni dei boschi. Vero colono dell’umanità insegna agli uomini a coltivare la terra, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e lieta. Un momento fondamentale della storia dell’uomo si verifica quando arresta il suo nomadismo fermandosi per coltivare la vite, che richiedendo alcuni anni di paziente lavoro prima di offrire i suoi grappoli, induce l’uomo a costruire abitazioni nobilitate dai marmi. Non a caso marmo e vino sono considerati elementi essenziali della civiltà mediterranea: culla della storia dell’uomo.
Esiste un’affinità, che alcuni giungono a considerare identità, fra Apollo: che dona ogni felicità ai mortali e Dioniso che dona loro il vino che eccita l’animo, induce al canto delle Muse e ispira alla poesia .
Fra le molte virtù di Dioniso eccellono l’altruismo e l’amore per il prossimo che si esprime nell’episodio di Arianna, abbandonata dall’eroe greco Teseo: classica espressione di egoismo, sull’isola di Nasso dove Dioniso la trova in lacrime , la fa sua sposa, e compagna nelle sue peregrinazioni tanto da essere venerati insieme nelle feste del culto dionisiaco. Lorenzo il Magnifico dà un’immagine bellissima di Bacco e Arianna nei primi versi del suo “trionfo di Bacco e Arianna” che inizia con i versi:
Quest’è Bacco e Arianna belli e l’un dell’altro ardenti: perché Il tempo fugge e inganno, sempre insieme stan contenti. Queste ninfe e altre genti sono allegre tuttavia. Chi vuoi esser lieto, sia: di doman non c’è certezza
Dioniso superbamente eretto sul carro trainato dalle tigri aggiogate durante il suo viaggio in India e inteso come deità benefica agli uomini ed al quale si riferivano tutti i benefici dell’agiatezza, della cultura; dell’ordine morale e civile. Purtroppo i ruoli di Bacco e di Sileno, non sempre sono tenuti nelle rispettive posizioni tanto diverse. In tempi molto più vicini a noi un maestro dei l’interpretazione dei mondo fiabesco come Walt Disney, ne ha dato un’errata interpretazione errata nel lungometraggio “ Fantasia” confondendo la figura di Bacco con quella di Sileno, ubriaco fradicio dondolante sul piccolo asinello.
Cade nell’errore, ahimè molto diffuso, l’autore del Bacco posto a cavallo di una tartaruga nel giardino di Boboli a Firenze.

Interpretazioni errate che confondono lo splendido Bacco con la figura di Sileno dal ventre enorme, tanto ubriaco da sostenersi a fatica sopra un asino, descritto ironicamente da Francesco Redi nei versi del “ Bacco in Toscana “ e sul destrier dei vecchierel Sileno c a v a l c a n d o a ritroso ed a bisdosso, da un insolente satiretto osceno con infame flagel venga percosso La Bibbia considera l’uva simbolo di abbondanza e fertilità.
Sul lato destro della facciata del Duomo di Milano è raffigurato il trasporto del grosso grappolo d’uva che gli esploratori portarono a Mosé come segno della fertilità e dell’abbondanza della terra promessa.

Dopo molte traversie, riferisce il Libro dei Numeri 13-14, gli Israeliti dal Sinai giunsero all’oasi di Kades-Barnea ove sostarono a lungo. La regione del Negheb, che era il lembo meridionale della terra promessa, non era molto lontana.
Il Signore disse a Mosé: “Manda un uomo per ogni tribù ad esplorare il paese di Canaan che sto per dare agli Israeliti”. Mosé dunque inviò uomini ad esplorare il territorio dicendo loro: ”Salite attraverso il Negheb alla regione montana ed osserverete che paese sia, che popolo l’abiti se forte o debole..... come sia il terreno, se fertile o sterile, se vi siano alberi o no. Siate coraggiosi e portate frutti dal paese”. Era il tempo in cui stava maturando l’uva; e gli esploratori, giunti sino alla valle di Escol, tagliarono un grappolo di uva e lo portarono a Mosé riferendo come quel paese fosse ricco e fertile

Giovanni Staccotti

(pubblicato da Business Stone, n. 62, nuova serie maggio-giugno 2010)

Foto:
(1) il grappolo del Duomo di Milano
(2) bacco di Michelangelo
(3) satirello
(4) bacco al giardino di Boboli