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AZIENDE
E PRODOTTI
IL “MONDO PIZZA” SI INCONTRA A FIERA MILANO
Ad A.B. Tech Pizza Expo un convegno
e una tavola rotonda ha affrontato la tematica di come cambia il ruolo
del pizzaiolo e cosa i clienti si aspettano dai locali pizzeria.
In un mercato del “fuori casa”
che sta vivendo profonde trasformazioni, le aspettative e i gusti della
clientela si evolvono ormai alla velocità della luce e la concorrenza
è sempre più spietata.
Anche il comparto delle pizzerie per stare
al passo con questi mutamenti si sta orientando sempre più ad una
“logica di marketing”.
La pizzeria tradizionale, spesso espressione
di ripetitività e tipicità stereotipate identiche in tutta
Italia, sembra destinata ad andare in pensione, per lasciare spazio a
locali che si propongono sempre più come luoghi di intrattenimento,
dove l’esperienza d’acquisto e consumo deve essere coinvolgente,
multisensoriale e gratificante anche sul piano estetico.
E insieme al locale deve cambiare la figura
tradizionale del “pizzaiolo”. Accanto al professionista artigiano
che lavora in prima linea dietro al forno e che garantisce la qualità
del prodotto in termini di cottura, lievitazione e produzione, si colloca
il gestore del locale pizzeria, sempre più chiamato a sviluppare
il suo ruolo imprenditoriale, facendosi manager e comunicatore della sua
impresa, abbandonando l’improvvisazione per la qualificazione.
Le chiavi di questo cambiamento diventano
l’aggiornamento professionale continuo, la creazione di un nuovo
rapporto con il cliente, ma soprattutto la qualità del prodotto.
Il “piatto povero” per eccellenza deve impreziosirsi attraverso
una accurata scelta delle materie prime.
Di tutto questo si è discusso a Fiera Milano lo scorso 25 ottobre,
durante A.B. Tech Pizza Expo, la manifestazione dedicata a prodotti e
tecnologie per la pizza nel corso del convegno La pizzeria del futuro:
mutamenti fra tradizione e managerialità, moderato dal giornalista
Beppe Francese e animato dai contributi di Giulia Romana Erba, Ufficio
Studi F.I.P.E. (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), Gianpietro Sacchi,
architetto, e Nicola Ticozzi, direttore dei corsi Design Experience di
POLI.design, ed Emanuele Ceccarelli, “storico” esperto del
settore.
Argomento centrale della conferenza è stato l’evoluzione
del mondo pizza e della figura del titolare di pizzeria in un mercato
segnato ai giorni nostri da uno stop generale dei consumi e da un generale
riassetto.
L’ANALISI FIPE: COME CAMBIANO I CONSUMI
Seppur in un contesto in cui, secondo le analisi Fipe, la natimortalità
delle imprese-pizzeria è a segno negativo (-2000 pizzerie nel 2009),
il mercato pizza in Italia continua a tenere ed è, nel settore
della ristorazione, il comparto che meno sta risentendo della crisi.
E’ fondamentale però, per mantenere l’andamento positivo,
che gli operatori del settore comprendano che il consumatore sta cambiando
valori e abitudini a tavola, soprattutto nel consumo extradomestico: il
rapporto con il cibo sta cibo sta perdendo il “valore” forte
di una volta, si tende spesso a spendere per altri beni e bisogni.
La qualità non è più la prima e unica leva che induce
il consumatore ad entrare in una pizzeria: igiene e servizio pesano molto
di più rispetto al passato, il cliente guarda anche all’estetica
del locale, alla pulizia, alla gentilezza del gestore, ai plus d’intrattenimento.
ISTITUTO EUROPEO DELLA PIZZA ITALIANA: I DATI DI UN SETTORE CHE
“TIENE”
Anche la fotografia scattata dall’Istituto Europeo della Pizza Italiana
presentata da Emanuele Ceccarelli conferma che il settore pizza è
quello che meglio resiste alla contrazione dei consumi.
L’italiano medio consuma 7,6 chili di pizza all’anno –
siamo secondi al mondo solo agli americani per volume di consumi - e in
Italia sono in attività 25.300 pizzerie classiche (escluse quindi
quelle al taglio, d’asporto e a domicilio, che sono altre 26.700),
con 87.316 addetti (in media 3,8 per esercizio) e un fatturato annuo complessivo
di 6.950 milioni di euro. La pizzeria classica da sola rappresenta il
40% della ristorazione italiana. Se poi si considera l’intera attività
sviluppata dal comparto, comprese le pizzerie non classiche e la produzione
industriale, il giro d’affari cresce di quasi tre volte, a 16.630
milioni.
A svantaggio della pizza tradizionale sta però sempre più
aumentando il consumo di pizze industrializzate vendute attraverso il
canale della GDO.
Per creare una inversione di tendenza e riposizionarsi sul mercato diventa
importante puntare su alcuni elementi chiave: la qualità del prodotto
pizza artigianale, l’ampliamento del servizio di asporto, una maggior
cura della location e dei servizi a valore aggiunto.
LA PIZZERIA DEL FUTURO: LA CURA
DELLA LOCATION
La cura del punto vendita e la sua personalizzazione sono al centro della
proposta dei corsi di FOOD EXPERIENCE DESIGN curati da POLI.design-Consorzio
del Politecnico di Milano.
La pizzeria del futuro, come ha precisato Ticozzi nel corso del suo intervento,
si basa su progetti apparentemente futuristici, ma sicuramente già
realizzabili, che stimolano nuovi modo di concepire il consumo e nascono
con l’intento di accattivare il cliente e trasformare il mangiare
fuori casa in una esperienza non solo gastronomica, ma emotiva ed emozionale.
Si sta affermando sempre più un nuovo modo di intendere i momenti
di consumo, che non solo più la sola soddisfazione di un’esigenza
o di un bisogno, ma esperienze di divertimento, di gratificazione e d’intrattenimento,
in senso più ampio e coinvolgente.
I locali pizzeria, soprattutto nelle grandi città, stanno cambiando.
Da espressioni ripetitive e spesso stereotipate di tipicità e di
tradizione, grazie al contributo degli architetti, si stanno trasformando
in ambienti di design e atmosfera, arredati con gusto scenografico ed
elementi progettuali di impatto visivo, solitamente multifunzionali, cioè
contemporaneamente locali da aperitivo, pizzerie e lounge per il dopocena.
Cambiano le location e le metrature, che diventano più ampie e
capaci di contenere le diverse funzioni.
UNA PATENTE PER IL PIZZAIOLO?
Agli interventi, che hanno permesso di tracciare una sintesi dell’attuale
situazione di mercato in termini di numeri e trend, è seguita la
Tavola Rotonda La managerialità come ingrediente di successo moderata
da Giuseppe Rotolo (direttore responsabile della rivista Pizza & Core),
cui hanno preso parte Angelo Iezzi, Presidente API-Associazione Pizzerie
Italiane; Angelo Petrone, Presidente di Pizza Arte; Enrico Famà,
direttore della rivista Pizza e Pasta Italiana; Renato Andrenelli, Presidente
APM-Associazione Pizzaioli Marchigiani, Antonio Primiceri, Presidente
APES e Mariateresa Bandera, Segretario Generale APES.
Un momento di confronto diretto, dunque,
tra i Presidenti delle Associazioni, gli Opinion Leader e i protagonisti
del comparto. Ma anche un’occasione per ascoltare in diretta le
opinioni di numerosi pizzaioli e gestori di locali pizzeria.
Dal dibattito è emerso che oggi
tanto il titolare di pizzeria quanto il pizzaiolo - figure talvolta assimilabili,
talvolta distinte all’interno dell’impresa-pizzeria –
non possono esimersi dall’avere una formazione scolastica superiore.
In particolar modo il gestore del locale deve farsi imprenditore e deve
conoscere bene le dinamiche della gestione di impresa in modo tale da
poter “aggredire” il mercato nella maniera giusta, soprattutto
alla luce della complessa situazione economica attuale.
Deve esser conscio della concorrenza “allargata”
di locali serali, ristoranti e bar che somministrano pizza. Occorre essere
manager, avere gli strumenti per comprendere il marketing, la burocrazia,
il mercato. Non basta più solo saper essere un buon maestro dell’arte
bianca, anche se, naturalmente, è importantissimo che le competenze
squisitamente gastronomiche siano sempre di alta qualità per non
abbassare la qualità generale del prodotto.
Ma a chi affidare l’istruzione dei futuri pizzaioli?
Tra le varie tematiche affrontate, ampio è stato il dibattito sul
decreto legge depositato dal Senatore Rosario Giorgio Costa in merito
alla “patente europea del pizzaiolo”, un vero e proprio esame
con una prova teorica e pratica, che, con l’obiettivo della maggiore
tutela sia del consumatore che della qualità del prodotto, possa
accertare la professionalità e la competenza del pizzaiolo, valutando
la pratica, ma anche le conoscenze in materia di scienza dell'alimentazione,
igiene e somministrazione di alimenti.
Il problema fondamentale, unanimemente condiviso, è la necessità
di definire i criteri per individuare formatori davvero in grado di offrire
un valore aggiunto alla categoria e dare maggiore concretezza all’eccessiva
astrattezza delle tematiche che sarebbero oggetto di studio, troppo lontane
dalla effettiva realtà professionale.
La PEP, così come è in discussione al Parlamento, affida
ad un sola associazione la gestione di corsi professionali riconosciuti
dal ministero. I presenti rispetto alla proposta preferirebbero invece
che il pizzaiolo, al pari degli chef, diventasse una figura professionale
riconosciuta attraverso i corsi ministeriali dell’Istituto Alberghiero.
Questo garantirebbe una formazione completa e univoca alle giovani leve
e riqualificherebbe la stessa figura professionale a livello di competenze
tecniche, nonché a livello economico, mentre oggi il pizzaiolo
vede la sua professionalità spesso declassata e non tutelata.
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