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AZIENDE
E PRODOTTI
Nelle Langhe per il Barolo:
il "re dei vini" supera la crisi
Le
Langhe piemontesi – meraviglioso territorio collinare tappezzato
in estate di verdi filari di vite e alberi di nocciolo – godono
la loro stagione più fortunata da settembre a dicembre, quando,
al piacere che già trasmette al visitatore il paesaggio contornato
di borghi e castelli appollaiati sulle colline, arriva in aggiunta, per
esaltare al massimo il piacere del palato, sua maestà il tartufo.
Bianco, ovviamente.
Insieme al tartufo, ecco presentarsi un altro re dell’enogastronomia,
in carica tutto l’anno: “il re dei vini, il vino dei re”,
il Barolo, seguito da Nebbiolo, Barbera e Dolcetto d’Alba, tutti
doc.
Oggi il Barolo docg viene prodotto in una quantità che si avvicina
ai 12 milioni di bottiglie ma, come spiega il direttore generale della
cantina “Terre da Vino”, Piero Quadrumolo, “in meno
di 15 anni la produzione è quasi raddoppiata rispetto ai 6 milioni
di metà anni ’90 e questo perché tutti han pensato
di fare affari con un vino costoso e pregiato”. Oggi, dopo un periodo
di crisi tra il 2007 e il 2009, dovuta sia alla stagnante situazione economica
che agli alti prezzi del vino, il Barolo sta leggermente riprendendo quota
sui mercati, anche se la situazione non è priva di difficoltà.
I prezzi alla bottiglia sono comunque, in generale, scesi ed è
possibile trovare delle ottime bottiglie del “re dei vini”
a prezzi contenuti e con un buon rapporto qualità-prezzo.
È proprio nel castello di Barolo, che gli avrebbe poi dato il nome,
che il vino oggi così universalmente apprezzato e conosciuto prese
le sue caratteristiche attuali. Il castello, dove oggi si trova l’Enoteca
regionale, fu costruito nel Medioevo e nell’Ottocento divenne la
residenza di Giulia Colbert Falletti, ultima marchesa di Barolo, che cominciò
a far produrre il Nebbiolo locale come vino non più dolciastro
ma completamente secco, fatto "alla moda dei vini di Bordeaux",
secondo le indicazioni del conte Louis Oudart, enologo francese chiamato
in Italia dal giovane Camillo Benso conte di Cavour per risollevare le
sorti delle sue cantine di Grinzane. A poca distanza, nel castello di
Verduno, re Carlo Alberto faceva lo stesso dando incarico di seguire il
progetto del nuovo Barolo al generale Paolo Francesco Staglieno, noto,
più che per le battaglie, soprattutto come enologo della Real Casa.
Il risultato fu tanto apprezzato che il vino ottenuto venne denominato
con il nome della residenza della marchesa e delle sue tenute: Barolo,
appunto.
Estinta la stirpe dei Falletti, l’azienda vinicola divenne Opera
Pia e fu poi acquistata dalla famiglia Abbona, ancora oggi titolare delle
“Antiche Cantine dei Marchesi di Barolo”, nelle cui cantine
sono da ammirare cinque enormi botti che contano almeno 150 anni di vita.
Le ultime annate eccezionali? Certamente il 1997, il 2001 e il 2004.
Oggi la “Marchesi di Barolo” mette in vendita il Barolo Sarmassa
2006 (che fa un anno di barrique) e il Barolo Cannubi 2005, di grande
valore. Nella cantina refrigerata e blindata sono conservate in archivio
bottiglie di tutte le annate prodotte, a partire dal 1859.
Altra “firma” da grandi numeri è “Terre da Vino”,
costituita nel 1980 per riunire un gruppo di aziende. Oggi la produzione
ammonta in totale a 5 milioni di bottiglie nelle varie tipologie. La cantina,
ai piedi della collina di Barolo, è stata ampliata recentemente.
«Uno dei nostri cavalli di battaglia – afferma il direttore
Quadrumolo - è il Barbera d’Asti doc Superiore, da noi dedicato
al romanzo di Pavese “La luna e i falò”. Va fortissimo
in Italia e all’estero. Per il Barolo il nostro top è “Essenze”,
l’assemblaggio di cinque cru prestigiosi».
Dopo due aziende di grandi dimensioni, eccone due a conduzione famigliare,
dove la tradizione è più rigorosamente rispettata e il cuore
delle Langhe viene fuori dal vino in tutta la sua generosa personalità.
Sempre nel Comune di Barolo ecco l’azienda “Virna”,
condotta con amore da Virna Borgogno, laureata in tecnica enologica. Con
la sorella Ivana vinifica le preziose uve che si raccolgono in 12 ettari
di proprietà tra i più pregiati cru di Nebbiolo. In totale
la produzione è di sole 80 mila bottiglie, di cui 30 mila di Barolo,
che prendono quasi tutte le strade dell’estero.
A Roddi d’Alba (anche questo paesino dominato dal castello eretto
nell’Alto Medioevo a difesa dalle invasioni dei Saraceni), immersa
nei vigneti è l’azienda “Cadìa”, che prende
in nome da una collinetta vitata. Dal 1913 la famiglia Giachino (oggi
i protagonisti sono Bruno e Mariella) raccoglie uva e vinifica nei 12
ettari di filari in proprietà. Ne escono solo 35-40 mila bottiglie,
di cui 3 mila di Barolo, cui si aggiungono il tipico Verduno Pelaverga,
Barbera, Dolcetto e un simpatico “Avnì”, uno Chardonnay
affinato sei mesi in barrique.
Per il sosta gastronomica, consiglio a Roddi d’Alba il ristorante
“La Crota”, che vede ai fornelli qui da 27 anni Danilo Lorusso,
metà albese metà pugliese ma cresciuto nelle Langhe, chef
dalla mano sicura e fantasiosa, che unisce la tradizione della cucina
albese con sprazzi intuitivi. Per dormire ecco un luogo reale, il “Real
Castello di Verduno”, dove vi sembrerà di essere tornati
indietro di duecento anni e vivrete coccolati tra antichi arredi e spesse
mura. Molto curato anche il ristorante inserito nel castello, con comodo
parcheggio privato.
Roberto Vitali
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