AZIENDE E PRODOTTI Vitigni Vulcanici: il caso Nerello
Mascalese Il
Nerello Mascalese, vitigno autoctono delle pendici dell'Etna, la cui comparsa
si perde nella notte dei tempi, viene coltivato fra i 350 e i 1000 s.l.m. in
quasi tutta la corona che si articola intorno al cono vulcanico, ma con
particolare intensità nelle sue porzioni nord-orientale e settentrionale.
La struttura degli impianti della vite, originariamente ad alberello,
si è ormai quasi completamente trasformata in spalliera ma non
mancano coltivazioni che mantengono il tradizionale sesto dando luogo
a interessantissime, seppur limitate, produzioni. Il nome del vitigno
è legato al fatto che da secoli viene coltivato nella zona della
storica Contea di Mascali, un vastissimo territorio che, a partire da
alcune donazioni normanne del XII° secolo e fino ai primi dell’‘800,
comprendeva, oltre all’attuale comune di Mascali, parte
dell’Acese, gran parte delle falde orientali e nord–orientali
del Vulcano e persino molte plaghe del messinese. I vescovi-conti ivi
infeudati, incentivarono sempre il disboscamento favorendo, con interessanti
concessioni enfiteutiche, ogni forma di coltivazione e, in particolar
modo, quella di una cultivar di vite che aveva mostrato di gradire questo
habitat composto in prevalenza da rocce e sabbie vulcaniche. I vini prodotti
ottenuti dalla vinificazione di questo vitigno hanno, come altri vitigni
di grande schiatta (nebbiolo, pinot nero), una grande variabilità
a seconda della zona di coltivazione – non va dimenticato che nei
secoli gli sconvolgimenti dovuti alle frequentissime colate laviche sono
stati continui – e a seconda anche delle condizioni climatiche che,
specialmente ad alta quota, dipendono moltissimo dai capricci della Montagna.
IL PROGRAMMA Interverranno Trarrà le conclusioni finali e chiuderà i lavori l’On. Giuseppe Castiglione, Presidente della Provincia Regionale di Catania.
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