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AZIENDE
E PRODOTTI
Grappa: dall’innovazione al medioevo
Il futuro del distillato italiano sara’ compromesso
se verra’ approvato il disegno di legge Vallardi.
La grappa è un prodotto italiano
con almeno cinque secoli di cultura alle spalle, ma solo negli ultimi
decenni, grazie al lavoro di alcuni produttori, ha saputo evolversi nel
gusto, nell’aspetto delle bottiglie, nella comunicazione, fino a
diventare un prodotto nobile, del livello dei grandi distillati internazionali.
Questo passaggio da un medioevo fatto di pratiche per tentativi, talvolta
disastrose, a un presente di innovazione, tecnologia e naturalità
si è realizzato soprattutto grazie alla ricerca e alla collaborazione
che le più importanti distillerie hanno costruito con i principali
Istituti di ricerca e Università italiani. Solo l’Accademia
della Grappa, grazie anche al contributo del Ministero delle Politiche
Agricole, ha investito negli ultimi 5 anni oltre cinquecentomila euro.
coinvolgendo ben 6 Università, con l’obiettivo di innovare
il prodotto in modo da renderlo più internazionale, cioè
esportabile nel mondo intero. La grappa per sua natura è una sapiente
selezione degli aromi e dei composti naturali dell’uva, non tutti
utili a un prodotto di grande qualità Solo negli ultimi anni, dal
punto di vista qualitativo, possiamo dichiarare che la grappa ha pari
dignità di whisky, cognac, vodka e rum. Non è solo un fatto
di gusto, ma anche di digeribilità e di valore salutistico in generale.
Oggi le nostre grappe finalmente vincono medaglie d’oro ai concorsi
mondiali per i distillati.
Tutto questo lavoro, tutti questi benefici e miglioramenti a favore del
mercato e del consumatore sono ora messi a repentaglio da un disegno di
legge promosso dal Sen. Giampaolo Vallardi, che vuole riabilitare la distillazione
casalinga della grappa.
Come produttore trevigiano, come Presidente dell’Accademia della
Grappa e, soprattutto come imprenditore sono molto preoccupato per questa
iniziativa. Oggi il fatturato della grappa vale circa quattrocento milioni
di euro, il 15% viene esportato in oltre 50 paesi. L’esportazione
per fortuna è in crescita e i mercati esteri saranno i soli a poter
far crescere le nostre aziende. Negli ultimi dieci annoi abbiamo comunicato
la grappa come un prodotto di alta tradizione italiana, un simbolo del
Made in Italy, perchè sicuro, di grande gusto, elegante, ma soprattutto
controllato, come richiede la grande cultura italiana del cibo, perchè
nessuno controlla i propri prodotti come noi italiani e questo ci rende,
agli occhi del consumatore internazionale, produttori unici: seri e per
bene. Aprire a chiunque la produzione della grappa è un salto nel
buio che i produttori di grappa non si possono permettere, perchè
non sarebbero più in grado di difendere tutte le innovazioni conquistate
con fatica in questi anni. Non esiste il whisky fatto in casa, né
tanto meno il cognac. Perchè dovremmo dare valore a una produzione
minima, abusiva da sempre e comunque in via di estinzione? A chi giova
questo mercato? Chi garantirà anche la sicurezza da eventuali rischi
dovuti a impianti fatti male, a possibili fughe di gas, tipiche degli
impianti artigianali e da ogni altro pericolo collegato a un hobby che
non può essere considerato un lavoro? No, noi produttori di grappa
non ci stiamo e non credo che neanche il consumatore, chiedendogli se
vuole bere una grappa senza nome né tracciabilità, risponda
affermativamente. Se veramente qualche produttore di uva o di vino ha
l’ambizione di farsi la propria grappa, può trovare sia nelle
distillerie autorizzate sia negli istituti di agricoltura ed enologia
con impianti di distillazione (cito la Scuola Enologica di Conegliano
o l’Istituto di S. Michele all’Adige) la possibilità
di trasformare la loro vinaccia in grappa buona, controllata e certificata.
Questi istituti hanno ripristinato i loro alambicchi grazie all’interessamento
del nostro Ministro On. Zaia per mantenere viva la distillazione artigianale,
per fare ricerca su questi alambicchi e per dare la possibilità
a tutti di realizzare una produzione per terzi.
In un momento di difficoltà così grande per tutti i settori,
anche per quello dei distillati, serve invece fare sistema per uscire
dalla crisi, che vuol dire investire in innovazione di prodotto e nella
ricerca di nuovi mercati, attraverso forme consociative, che mettano insieme
le poche risorse economiche delle nostre piccole aziende. Questo è
il vero problema della grappa, mettersi insieme per diventare più
grandi, per non dover cambiare mestiere, perdendo così non solo
diecimila posti di lavoro, ma una vera arte tramandata da 5 secoli, con
cui la distillazione casalinga non c’entra affatto.
Roberto Castagner
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