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AZIENDE
E PRODOTTI
Nuovo film sul “Bitto storico”
Le
bocche al di là della valle del Bitto sono chiuse:
preferiscono non parlarne. La fiera annuale del Bitto DOP pare essere
stata un flop, il prestigio del Bitto storico è
per contrappunto ai massimi.
Un Bitto DOP, freschissimo, di questa stagione, costa a pezzi (Esselunga,
novembre) 24,90 Euro al kg. La società di gestione della Casera
di Gerola Alta e dell’invecchiamento degli scalzi per il primo anno
e successivamente caratterizzati e portati al massimo della maturazione
anche ben oltre ai tre ani tipici, vale molto di più, e costa correttamente,
dopo avere remunerato i contadini produttori con 16 Euro al kg il formaggio
fresco “as is”, garantendone il ricupero dei costi
per l’allevamento in quota, l’alimentazione naturale, la qualità
e un minimo di sopravvivenza certa per gli allevatori.
L’ultima uscita su Bitto della sua valle sarà un film, presentato
da www.ruralpini.it,
di cui riproduciamo l’annuncio di questa notte, 8 novembre 2009:
(08.11.09) Valli del Bitto. Un mediometraggio sul Bitto storico
Non hanno capito che la 'repressione del gusto' contro il Bitto storico
ha il solo effetto di far parlare sempre di più di questa leggenda
casearia e di far aumentare la simpatia per i 'ribelli del Bitto'. Dopo
il volume sulla storia del formaggio 'Val del Bitt' (presentato in anteprima
alla Sagra del Bitto) sta per uscire un mediometraggio 'La Cultura del
Bitto' realizzato da alcuni giovani cineasti: Carlo Cattadori
(regista), Diego Abenante e Orsetta Luna. L'opera è stata prodotta
con il contributo dell'Ecomuseo della Valgerola che si sta dimostrando
una realtà molto attiva sia sul piano del coinvolgimento della
comunità che su quello delle iniziative rivolte all'esterno.
Il mediometraggio parteciperà alla IV edizione di Orobie Fim Festival
(02.2010).
Ieri
<ruralpini> presentava un lungo articolo sulla scia delle recentissime
contravvenzioni ed intimazione portate alla società di gestione
da due “funzionari” del Ministeri delle politiche agricole,
rese note con un comunicato di Slow Food su La Stampa dei giorni scorsi.
L’articolo, del 2 novembre, esaustivo, è accessibile e scaricabile
sul sito Ruralpini, aperto dalla notizia condensata nel primo paragrafo
e ricco, ricchissimo, di un esteso rapporto sull’evoluzione di una
storia molto negativa per le immagini delle DOP del nostro paese in Italia,
in Europa, nel mondo.
(02.11.09)
Un anno fa Ruralpini promuoveva una campagna a sostegno del Bitto 'storico'
paventando la possibilità che esso potesse essere messo fuorilegge.
E così è avvenuto
La burocrazia del gusto si affida alla repressione: pesanti sanzioni
contro i 'ribelli del Bitto' che hanno sfidato la Dop
Può una Dop mettere fuorilegge la storia e la geografia? Può
annullare i diritti collettivi e un patrimonio di una comunità
di pratica radicata nella storia e nel territorio?
Il giorno 20 ottobre alcuni funzionari del MIPAAF si sono presentati al
‘Centro del Bitto’ per notificare alla società che
opera la commercializzazione del Bitto ‘storico’ (la Bitto
trading') due sanzioni per un massimo di 60.000 € motivate dal mancato
assoggettamento ai controlli previsti per la produzione DOP e dalla usurpazione
della denominazione protetta ‘Bitto’.
La prima considerazione da fare riguarda lo sfacciato tempismo dell’iniziativa
(il 18 si era svolta a Morbegno la mostra del Bitto Dop, ‘ufficiale’
e si volevano evitare spiacevoli scandali), la seconda il carattere di
vera e propria svolta che l’azione repressiva del Mipaaf imprime
alla ‘guerra del Bitto’, il noto contenzioso, che si trascina
da 15 anni, tra i produttori ‘storici’ - che operano nell’area
di produzione tradizionale del formaggio Bitto - e il Consorzio di tutela
(CTCB).
Il motivo è semplice: i produttori storici non accettano che il
loro formaggio sia posto sullo stesso piano di una versione ‘semplificata’
che, per diversi aspetti, contraddice un procedimento
di lavorazione costante nel tempo e che ha i suoi caposaldi nella qualità
del latte di bovine alimentate con un sistema razionale di pascolo turnato
(senza somministrazione di mangimi), nell'immediata lavorazione del latte
a caldo, nell’aggiunta del latte di capra, nella lentezza e accuratezza
della lavorazione (che richiede sino a 4 ore).
Nei giorni scorsi ho avuto modo di scambiare
nuovamente riflessioni che erano state divulgate da ASA e da pochi altri
attori della comunicazione nello scorso Aprile, in occasione della Tavola
Rotonda svoltasi alla Società Umanitaria sul tema Bitto
Storico il 25 aprile.
Dell’evento sono disponibili notizie e documentazione ancora più
ampie di quelle pubblicate nel sito ASA-press, relativamente
alla documentazione storico gastronomica pubblicata dalla Caddameia Italiana
della Cucina negli anni decorsi tra la domanda per la concessione della
DO a tutto il 2003 e agli ultimi tentativi di composizione della vertenza
effettuati dalla Regione Lombardia. Questa documentazione è stata
presentata alla Tavola Rotonda dallo scrivente ed è disponibile
in quanto pubblicata nelle edizioni annuali della Guida ai
Ristoranti della Accademia Italiana della Cucina, a cura
dello stesso autore.
Il tema è delicato ed è stato
dibattuto anche in passato, ma non a questo livello di gravità,
tra i soci ASA con un nutrito scambio di lettere e precisazioni.
Ritengo che questa sintesi possa essere utile ad una ripresa dell’argomento
finché non vengano decise ulteriori posizioni sia da parte di organi
comunitari che di organismi nazionali e regionali a meno che non si attendano
decisioni di agire in termini legali.
Il diritto naturale all’uso delle
denominazioni geografiche storiche è inalienabile e non monopolizzabile
senza dimostrane sia diritti che il vantaggio. La Regione Lombardia con
ERSAF ha finanziato l’edizione del libro “Il formaggio Val
del Bitt”, che può essere richiesto direttamente a Donina
Flavia.
Enzo Lo Scalzo, ASA – Delegato
Lombardia
9.11.2009
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