Al Sigep di Rimini, la Conferenza Italmopa-Molini d’Italia-Infofarine “Farine tra verità e mistificazioni. Contrastare le notizie ingannevoli attraverso la conoscenza scientifica” preziosa occasione per smascherare falsi miti e luoghi comuni che riguardano il prodotto ‘farina’.
Andrea Valente, Presidente Italmopa ha dichiarato: ‘Alle notizie, non di rado totalmente infondate, che circolano da tempo sulla farina e prodotti derivati, abbiamo risposto opponendo la ‘forza’ della conoscenza e del rigore scientifico’ ‘confermando così il nostro impegno nel contrasto a fake news ricorrenti e pericolose, spesso frutto di personali convinzioni degli autori o, peggio ancora, di interessi individuali abilmente celati dietro la presunta difesa di quelli collettivi. In questa direzione va anche l’organizzazione della Giornata ‘Molini a porte aperte’ attraverso la quale molte Aziende molitorie nostre associate hanno spalancato le loro porte al pubblico per mostrare da vicino come viene prodotta la farina e fornire ogni chiarimento alle domande dei visitatori’.
Il Prof. Luigi Cattivelli, Direttore Crea Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica ha trattato il tema dei grani antichi, considerati negli ultimi anni dal settore pizzerie italiane come la soluzione assoluta per coniugare l’innovazione alla tradizione. Prima di riportare la sintesi dell’intervento del Prof. Cattivelli, vorrei far presente come, soprattutto negli ultimi 25 anni, il settore pizzerie si sia letteralmente frantumato in protagonismi assoluti. Non esistono più le pizzerie fedeli alla tradizione, come i pizzaioli napoletani vantano, esistono pizzerie che partendo dalla tradizione diversificano ogni dettaglio della stessa pizza margherita, dall’impasto alla cottura. E in questo contesto il folklore dei social gioca un ruolo totale, in modo particolare quando si parla di grani antichi, un termine che appassiona e coinvolge proponendo un’atmosfera idilliacamente ecologica partendo dai menu proposti.
In realtà il Prof. Cattivelli ha evidenziato, sintetizzando, come i grani antichi/storici non siano in grado di produrre nemmeno per il nostro fabbisogno nazionale, non avendo le resistenze genetiche necessarie, e ancor di più non sono idonei alle condizioni climatiche del nostro tempo. Ha peraltro evidenziato come i frumenti antichi, derivanti dal farro, a sua volta preferito al frumento monococco perché più produttivo, siano un pezzo importante della storia dell’agricoltura, come tali vanno conservati, anche un po’ studiati e coltivati soprattutto nelle aree marginali, dove l’agricoltura è difficile e il gap produttivo tra i frumenti antichi e moderni è minore. La modernità di una varietà è la capacità di produrre in modo sostenibile nell’attuale e futuro scenario climatico.
Ed infine, il Prof. Cattivelli ha concluso: “Se una varietà storica ha caratteristiche qualitative vantaggiose, queste possono essere facilmente inserite in una varietà moderna”.
Sul tema, per gli appassionati di curiosità e verità, giusto per “farsi un’idea”, il Prof. Luigi Cattivelli rimanda al suo ultimo lavoro: Pane Nostro, grani antichi, farine e altre bugie, edito da Il Mulino.