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  • Entro il 2050 l’80% del cibo globale sarà consumato nelle città. Nel 2017 le emissioni di gas serra dovute a produzione e consumo di cibo erano il 13% del totale di quelle generate a livello urbano e fra 30 anni varranno il 40% del totale
  • Al ruolo fondamentale dei centri urbani per garantire la sostenibilità del Pianeta Fondazione Barilla e il Gruppo di Lavoro 2 di ASviS dedicano lo studio “Cibo, Città, Sostenibilità. Un tema strategico per l’Agenda 2030” presentato oggi al Festival ASviS
  • Una indagine IPSOS per Fondazione Barilla mostra che il 94% dei Comuni italiani intervistati ha attuato politiche alimentari urbane dedicate
  • L’esempio di 12 città virtuose nel mondo come traccia per elaborare 10 raccomandazioni agli amministratori locali

Entro il 2050 due persone su tre vivranno in insediamenti urbani e l’80% del cibo sarà consumato nelle città.1 Quello stesso cibo che è già oggi tra le principali fonti di emissioni urbane. Nel 2017, nelle maggiori città del mondo, le emissioni di gas serra dovute a produzione e consumo di cibo erano il 13% del totale di quelle generate a livello urbano e nel 2050, si stima potranno crescere fino a circa il 40%.2 In questo quadro, la pandemia da COVID-19 ha estremizzato la situazione, esponendo le fasce più vulnerabili della popolazione urbana a povertà e insicurezza alimentare e rendendo ancora più evidente la necessità di comprendere problematiche e bisogni degli insediamenti urbani in termini di produzione di cibo, distribuzione, trasporti e logistica. Il ruolo delle città (e delle municipalità) è centrale per combattere le sfide3 della sostenibilità e per raggiungere tutti gli SDG. In questo contesto, Fondazione Barilla ha realizzato – con il Gruppo di Lavoro del Goal numero 2 di ASviS – il report Cibo, Città, Sostenibilità. Un tema strategicoper l’Agenda 2030”,per analizzare il fenomeno, identificare le buone pratiche e dare indicazioni sulle aree di intervento. Lo studio, presentato al Festival dello Sviluppo Sostenibile di ASviS, mostra il ruolo centrale delle città, chiamate a diventare laboratori di nuovi approcci per promuovere un sistema alimentare fondato su una gestione più sostenibile delle risorse, un accesso più equo al cibo sano e nuove forme di cittadinanza globale.

Negli ultimi anni, le città sono state chiamate a diventare agenti del cambiamento e della ricerca di nuove soluzioni per definire sistemi alimentari più sostenibili attraverso il contrasto alla povertà alimentare, il consumo responsabile, la sostenibilità urbana. Sono convinto che le realtà urbane, con le loro politiche, possano disegnare sistemi locali in cui esplorare innovazioni di policy, attivare forme di sperimentazione sull’utilizzo agricolo degli spazi periurbani, realizzare circuiti locali di consumo e di redistribuzione alimentare su base sociale e contrastare lo spreco. Una nutrizione adeguata è da considerarsi tra i diritti umani fondamentali da tutelare e promuovere”, ha commentato Antonio Decaro, Presidente di ANCI, Sindaco di Bari.

Per comprendere come le città italiane si stanno già impegnando per realizzare politiche alimentari urbane utili a raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU, Ipsos ha realizzato per Fondazione Barilla la prima ricerca sulle Politiche Alimentari Urbane nel nostro Paese. L’indagine – che ha coinvolto un campione di 100 tra sindaci, vicesindaci e amministratori locali – mostra che 3 Comuni su 4 hanno una buona familiarità con gli SDG e che la quasi totalità delle città ha avviato progetti per il loro perseguimento (il 75% con iniziative attive da circa tre anni). Sebbene il 94% delle città intervistate dichiari di aver lanciato negli ultimi anni – o di voler lanciare prossimamente – delle politiche alimentari urbane, nella maggior parte dei casi si tratta di politiche settoriali e non ancora di politiche integrate. Gli intervistati considerano prioritarie le attività che promuovono il consumo di prodotti di qualità locali / a km0 (42%), quelle che intervengono sulla distribuzione di cibo di qualità / a Km0 nelle mense scolastiche o comunali (27% del campione) e sulla distribuzione di generi alimentari a persone vulnerabili (18%). Le politiche urbane alimentari, a detta del campione, si dovrebbero tradurre nella promozione di diete equilibrate (tema sentito al Centro-Sud (43%) e nei centri fino a 30.000 abitanti), nel sostegno all’agricoltura locale (20%) e in quella a basso impatto ambientale (26%), citate dalle realtà del Nord.

Le città sono sempre più impegnate in interventi che coinvolgono il cibo. Promuovere politiche alimentari urbane integrate, che guardino al cibo dal campo alla tavola fino allo smaltimento, è strategico per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e quelli enunciati dalla strategia europea Farm to Fork. Le nostre città possono agire in modo diretto o indiretto in numerosi settori legati all’alimentazione: dai mercati rionali alle mense scolastiche, dagli orti urbani alla lotta allo spreco alimentare. Si stima, ad esempio che una politica di prevenzione e riduzione dello spreco a livello urbano, nel mondo, comporterebbe minori emissioni per circa 4.3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente4. La stessa quantità di CO2 risparmiata se 1,5 miliardi di tonnellate di rifiuti venissero riciclati invece che finire in discarica. Una food policy integrata è quindi cruciale per coordinare tutti i settori e promuovere stili di vita sani e sostenibili”, ha dichiarato Marta Antonelli, Direttore della Ricerca della Fondazione Barilla.

La crisi pandemica ha acceso una luce importante sulla filiera agroalimentare e sul ruolo delle città, facendo toccare con mano la fragilità dei sistemi alimentari urbani che oramai diamo per scontati. Chi di noi non ha temuto durante il lockdown uno stravolgimento delle abitudini alimentari? Chi di noi non ha temuto la fine di un approvvigionamento? Ebbene dietro tutto ciò ci sono scelte aziendali, lavoratori, gli amministratori. La crisi ha fatto emergere le interconnessioni tra tutti i fenomeni, tra i diversi comparti, tra le condizioni economiche, sociali e ambientali. Questa interconnessione è particolarmente evidente nelle città che, quando dotate di food policy urbane, possono promuovere una visione integrata del cibo in grado di toccare tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Proprio come ci insegna l’Agenda 2030, che deve guidarci verso un futuro sostenibile” – ha dichiarato Enrico Giovannini, Portavoce dell’ASviS.

FONDAZIONE BARILLA: 10 RACCOMADAZIONI PER GLI AMMINISTRATORI LOCALI

L’Italia è tra i maggiori produttori agricoli dell’UE ed esporta più di 43 miliardi di euro di prodotti alimentari.5 Tuttavia, il nostro Paese deve ancora far fronte ad una serie di sfide6 (ad esempio elevati livelli di degrado dei suoli agricoli, una grande pressione sulle risorse ittiche, elevate emissioni agricole, un’età media degli agricoltori ancora elevata (57 anni).7 Lo studio “Cibo, Città, Sostenibilità. Un tema strategico per l’Agenda 2030” evidenzia come alcuni obiettivi siano raggiungibili solamente tramite il coinvolgimento delle amministrazioni locali. Fondazione Barilla con il Gruppo di Lavoro del Goal numero 2 di ASviS ha elaborato 10 raccomandazioni che – se messe a sistema – contribuirebbero a risolvere problematiche ambientali, sociali ed economiche, fornendo opportunità di riorganizzazione, sistematizzazione e riordino normativo delle filiere del cibo:

  1. Pianificare una Strategia e Politica sul Cibo a livello urbano: le città sono veri e propri laboratori di sostenibilità in grado di influenzare tutti gli SDG con politiche alimentari urbane dedicate. Una strategia già applicata dal comune di Milano8 che ha dimostrato come guardare a questi obiettivi possa essere strategico. Un esempio su tutti, l’iniziativa, avviata durante la pandemia, “Dispositivo di Aiuto Alimentare”, grazie alla quale è stato possibile ridistribuire circa 600 tonnellate di cibo, raggiungendo più di 20.000 persone.9
  2. Le città devono garantire a tutti il diritto di avere accesso a cibo sano e nutriente, riducendo le disuguaglianze socioeconomiche, prevenendo la diffusione di malattie croniche non trasmissibili ed evitando l’emergere dei “deserti alimentari”. È quello che ha fatto Londra, che ha vietato alle aziende di fare pubblicità ai prodotti che non contribuiscono all’adozione di una dieta sana dai propri mezzi pubblici (autobus, metro…), esortandole a prediligere immagini di cibi salutari10
  3. Progettare e dare vita a un sistema di mense scolastiche e pubbliche sostenibili, in grado di promuovere le filiere corte, sostenere la transizione verso l’agricoltura biologica e lottare contro gli sprechi. Le città di Fano, Cremona e Bergamo sono andate in questa direzione: i loro menù scolastici risultano tra i più sani e sostenibili d’Italia11
  4. Costruire una cultura del cibo fondata sul concetto di dieta varia e sana, così come fatto a Copenaghen, che ha avviato una serie di programmi educativi per sensibilizzare docenti, studenti e genitori ad adottare regimi alimentari sani e sostenibili e che propone menù sani e bilanciati all’interno delle proprie mense pubbliche12
  5. Promuovere l’innovazione di prodotto e di processo, perché ripensare l’approccio al cibo significa produrre prodotti sani e sostenibili che rispettino la tradizione alimentare della comunità, ricorrendo a processi che ne riducano l’impatto sull’ambiente e promuovendo una logistica differente. A Lione, durante il lockdown, è stato lanciato un tool per consentire a 350 aziende agricole locali di vendere i prodotti online13
  6. Rafforzare le connessioni positive tra ambiente e cibo anche attraverso la multifunzionalità dell’agricoltura urbana e periurbana. Il sistema di produzione del cibo, infatti, incide significativamente sulla salute del Pianeta, quindi i sistemi alimentari del futuro dovranno essere fondati sulle interazioni tra cibo, salute umana e degli ecosistemi. A Parigi vengono offerti lotti di terreno a chi vuole coltivare il proprio cibo in città, trasformando la Capitale francese nella più grande rooftop farm d’Europa14
  7. Rendere i sistemi alimentari urbani più resilienti, riducendo la dipendenza delle città da filiere alimentari lunghe, accorciando le distanze tra produttori e consumatori. A Quito è stato sviluppato il piano “Quito resiliente” per incentivare meccanismi partecipativi, aumentare la sicurezza alimentare, proteggere i cittadini15
  8. Disegnare le filiere della solidarietà per proteggere le fasce più deboli della popolazione come anziani, indigenti e bambini. Mappare la filiera rende possibile supportare queste categorie, attraverso intermediari (es. gli enti caritatevoli) o con forme di aiuto pubblico diretto. Bologna ha lanciato l’iniziativa “l’Unione fa la spesa”, un sistema di consegna a domicilio di prodotti alimentari e farmaceutici per le persone più in difficoltà16
  9. Rafforzare, democratizzare e localizzare la pianificazione dei sistemi alimentari. Agricoltori, imprese di trasformazione e distribuzione, organizzazioni sociali e ambientali, operatori sanitari, consumatori, ricercatori e amministratori sono chiamati ad agire sinergicamente per creare un sistema armonizzato in tutte le sue fasi. Roma ha costituito il Consiglio del Cibo della Città, realtà che riunisce tutti gli attori della filiera e accompagna l’amministrazione verso la costituzione di una Food Policy urbana17
  10. Mappare i sistemi locali del cibo, per avere a disposizione i dati necessari per indirizzare le scelte politiche e adeguarle al mutare del contesto. New York, a seguito dell’aumento di persone bisognose di assistenza alimentare durante l’emergenza COVID-19, ha lanciato il programma “Feeding New York” per mappare le “aree del bisogno” e disegnare politiche ad hoc per contrastare l’aumento del fenomeno.18

Twitter: https://twitter.com/BarillaCFN

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1 https://www.c40.org/networks/food_systems

2 http://www.fao.org/urban-food-agenda/en/

3BCFN, Cibo in città. Guida didattica sulle politiche alimentari urbane per le persone e per il pianeta https://www.educazionedigitale.it/noiilciboilpianeta/approfondimento-cibo-in-citta/

4 https://www.ellenmacarthurfoundation.org/publications/cities-and-circular-economy-for-food 

5 ANSA, L’agroalimentare si conferma traino dell’economia italiana, 30 Dicembre 2019, https://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/business/2019/12/30/filiera-italia-agroalimentare-si-conferma-traino-paese_e8710c5b-ac09-44a5-a9d6-8b118130123f.html

6 BCFN 2019. L’Italia e il cibo. https://www.barillacfn.com/m/publications/l-italia-e-il-cibo.pdf

7European Commission, 2017. Young farmers in the EU – structural and economic characteristics EU Agricultural and Farm Economics Briefs. https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/food-farming-fisheries/farming/documents/agri-farm-economics-brief-15_en.pdf

88 http://www.foodpolicymilano.org/wp-content/uploads/2015/04/08-Monitoraggio.pdf

9 http://www.foodpolicymilano.org/dispositivo-aiuto-alimentare/

10 https://www.london.gov.uk/what-we-do/business-and-economy/food/tfl-junk-food-ads-ban-will-tackle-child-obesity

11 http://www.foodinsider.it/4-rating-pasto-sostenibile-la-top-ten/

12 http://www.milanurbanfoodpolicypact.org/wp-content/uploads/2018/07/Brief-15-Copenhagen.pdf

13 https://covidnews.eurocities.eu/wp-content/uploads/2020/04/Covid-19-measures-implemented-by-Lyon-M%C3%A9trople-FV.pdf

14 https://www.themayor.eu/en/the-largest-rooftop-urban-farm-opens-in-july-in-paris

15 http://www.fao.org/in-action/food-for-cities-programme/news/detail/en/c/1274823/

16 http://www.comune.bologna.it/media/files/bologna_united_we_shop.pdf

17 http://www.terraonlus.it/wp-content/uploads/2017/03/Food-Policy-Roma.pdf

18 https://www1.nyc.gov/assets/home/downloads/pdf/reports/2020/Feeding-New-York.pdf


FOCUS

OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE E IL RUOLO CENTRALE DEI COMUNI ITALIANI

  • La recente pandemia da COVID-19 rischia di rendere affamate tra le 83 e le132 milioni di persone in più nel 2020. E con una popolazione mondiale destinata a crescere sensibilmente – nelle città – aumenterà anche la richiesta di cibo: il raggiungimento degli SDG appare difficile
  • In Italia 3 Comuni su 4 conoscono gli Obiettivi e da 3 anni, nel 75% dei casi, sono impegnati per raggiungerli. Mobilità sostenibile, raccolta differenziata e conversione all’energia pulita sono le principali aree di intervento
  • Le politiche alimentari urbane – soprattutto settoriali – sono prioritarie per il 94% degli amministratori locali, ma la mancanza di budget e di personale specializzato oltre che di strumenti di effettivo monitoraggio dei risultati rischiano di essere un freno allo sviluppo di politiche alimentari integrate
  • Fondazione Barilla presenta la prima ricerca sulle Politiche Alimentari Urbane in Italia, realizzata con Ipsos

Secondo le stime, la recente pandemia da COVID-19 rischia di rendere affamate tra le 83 e le132 milioni di persone in più nel 2020 (a seconda dello scenario di crescita economica)1. A questo si aggiunge che entro il 2050 due persone su tre vivranno in insediamenti urbani e l’80% del cibo sarà consumato nelle città2. Il ruolo delle città (e delle municipalità), dunque, è centrale per combattere le sfide3 della sostenibilità e per raggiungere tutti gli SDG. E in Italia gli amministratori locali come stanno guidando la trasformazione sostenibile delle città e dei loro sistemi alimentari? Nel nostro Paese il quadro appare relativamente positivo, ma con ampi margini di miglioramento. 3 Comuni su 4 hanno una buona familiarità con gli SDG e quasi tutti hanno avviato progetti per il loro perseguimento (il 75% con iniziative attive da circa tre anni). Le azioni sono focalizzate sulla mobilità sostenibile (48%), la raccolta differenziata (24%) e la conversione all’energia pulita (28%). Sul piano dell’alimentazione, per i Comuni del Centro Sud (71%) è importante soprattutto l’organizzazione delle mense e l’educazione dei consumatori (48%), mentre i Comuni del Nord attribuiscono maggiore rilievo alla gestione del settore agricolo nell’area urbana e peri-urbana (33%). Questa, in sintesi, è la fotografia della prima ricerca sulle Politiche Alimentari Urbane in Italia, realizzata da Ipsos per Fondazione Barilla, dal titolo “Urban Food Policy. Cibo e Città: il punto di vista della pubblica amministrazione locale”. L’indagine ha coinvolto 100 tra sindaci, vicesindaci e amministratori locali per misurare il livello di consapevolezza degli SDG; analizzare le politiche alimentari urbane e il livello di interesse che generano tra gli amministratori, oltre a valutare l’impatto che il Covid-19 ha avuto proprio sui sistemi alimentari urbani dei Comuni italiani.

COMUNI ITALIANI E SDG: 3 SU 4 LI CONOSCONO E IL 75% DELLE CITTA’ E’ ATTIVO DA 3 ANNI PER REALIZZARLI

Conforta scoprire che gli amministratori locali dei nostri Comuni (3 su 4) conoscano gli SDG e che, nel 75% dei casi, abbiano attuato da 3 anni azioni concrete per il loro raggiungimento, con una accentuazione fra le realtà del nord Italia (84%). Tuttavia, quando si parla dei 17 SDG si fa riferimento a tematiche ampie e diversificate fra loro, importante quindi è capire quali dovrebbero essere – secondo gli intervistati – le priorità d’intervento dei Comuni. Per le città del Nord (41%) è la “lotta al cambiamento climatico” la priorità, mentre per quelle del Centro-Sud “occupazione e crescita economica” (47%) dovrebbero essere gli ambiti principali d’intervento. I dati sulle iniziative più diffuse sul territorio confermano quanto dichiarato dagli amministratori. Azioni per favorire la mobilità sostenibile (48%, tra incentivi per l’uso delle bici, incentivi per la mobilità elettrica e incremento dei mezzi pubblici), per la conversione all’energia pulita (28%, tra energie rinnovabili per edifici pubblici e il loro efficientamento energetico), per incrementare la raccolta differenziata (24%) e per riqualificare zone ed edifici fatiscenti (19%), sono gli ambiti di intervento più citati dagli intervistati. L’impegno profuso dai Comuni si è anche tradotto in questi anni in iniziative per la forestazione urbana (13%) e per la lotta alla povertà (12%, con azioni rivolte alla distribuzione di generi alimentari a persone vulnerabili).

SDG: CIBO CHIAVE PER IL LORO RAGGIUNGIMENTO, 94% DEI COMUNI ATTIVO CON POLITICHE ALIMENTARI URBANE

Gli amministratori locali intervistati nel 94% dei casi hanno attuato politiche alimentari urbane settoriali. Gli intervistati considerano prioritarie le attività che promuovono il consumo di prodotti di qualità locali / a km0 (42%), con un’accentuazione tra le realtà del Centro-Sud (51%) e quelle con oltre 100.000 abitanti. Altre aree di intervento prioritarie sono state considerate la distribuzione di cibo di qualità / a Km0 nelle mense scolastiche o comunali (27% del campione) e la distribuzione di generi alimentari a persone vulnerabili (18%). Le politiche alimentari urbane, a detta del campione, si dovrebbero tradurre nella promozione di diete equilibrate (tema sentito al Centro-Sud dal 43% del campione e nei centri fino a 30.000 abitanti), e nel sostegno all’agricoltura locale (20%) e a basso impatto ambientale (26%), citate dalle realtà del Nord. Nel concreto, i Comuni si sono dati (o si doterebbero), come ambito d’intervento prioritario, la gestione delle mense scolastiche (citata da oltre 6 Comuni su 10) e quella dei mercati rionali (51%). In particolare, l’organizzazione delle mense scolastiche appare rilevante al Centro-Sud (71%), assieme all’educazione dei consumatori (48%); tra i Comuni del Nord viene invece attribuita maggiore importanza alla gestione del settore agricolo nell’area urbana e peri-urbana (33%).

Ma quali sono le barriere all’adozione di politiche alimentari urbane? Per 1 Comune su 2 sicuramente l’elemento cruciale è la mancanza di budget, oltre alla carenza di personale da dedicare al tema (43%). Si tratta di problematiche che appaiono molto incalzanti al Centro-Sud (67% – 51%, rispettivamente). Altri fattori che influiscono sulla mancanza di politiche alimentari urbane sono le altre priorità che – di volta in volta – il Comune si trova a dover affrontare (31%) e la mancanza di formazione del personale (25%). Nello specifico, quando si parla di personale dedicato a queste tematiche, solo 3 Comuni su 5 dichiarano di poterne disporre, con un’accentuazione tra quelli con oltre 100.000 abitanti. Infine, un tema da valutare è quello del “passaggio di consegne” che si verifica ad esempio quando si registra un cambio di amministrazione a seguito delle elezioni. In questa circostanza, solo 1 Comune su 5 sarebbe certo di poter dare continuità alle politiche alimentari urbane già in atto.

EMERGENZA COVID-19 E RAGGIUNGIMENTO SDG

L’emergenza Covid-19 ha creato, in numerosi Comuni, diverse difficoltà. Se si guarda in particolare agli aspetti inerenti il sistema alimentare dei vari Comuni, gli impatti maggiori sono stati riscontrati in: difficoltà a garantire accesso al cibo a persone e famiglie in difficoltà (29%); chiusura dei mercati rionali o dei mercati a vendita diretta dei produttori (26%); aumento dei prezzi per i beni di prima necessità (15%); accaparramento di cibo, accumulo di scorte da parte dei cittadini e delle famiglie (10%). Come hanno risposto i Comuni? “Per far fronte al problema dell’accesso al cibo, i centri urbani hanno messo a disposizione sostegni economici, soprattutto per persone in difficoltà (87%), come avvenuto soprattutto nel Centro-Sud. Sono stati attivati servizi di consegna a domicilio di cibo per famiglie e persone vulnerabili (79%) ed è stato fornito un supporto logistico per favorire la distribuzione di cibo (44%). E’ chiaro come l’emergenza, anche in questo caso, abbia reso più evidenti a tutti i limiti di un sistema alimentare che al momento è afflitto da molto ombre e che – come detto – richiede degli interventi urgenti e strutturati per dar vita a una vera rivoluzione che parta dal campo e arrivi fino alla tavola, ponendo le città al centro di questa trasformazione”, spiega Marta Antonelli, Direttore della Ricerca di Fondazione Barilla.

1 FAO, 2020; WHO, 2018

2 https://www.c40.org/networks/food_systems

3BCFN, Cibo in città. Guida didattica sulle politiche alimentari urbane per le persone e per il pianeta https://www.educazionedigitale.it/noiilciboilpianeta/approfondimento-cibo-in-citta/