C’era una volta il viaggio, quel lento pellegrinare tra vigneti e colline, alla ricerca di storie e sapori che il tempo custodiva gelosamente. Un viaggio che iniziava con un sorriso, proseguiva con una stretta di mano e si concludeva con un calice di vino, capace di raccontare il territorio meglio di mille parole. Oggi, però, qualcosa sta cambiando. L’intelligenza artificiale (AI) si insinua, come un vento invisibile, tra le pieghe di questo mondo antico, promettendo innovazioni straordinarie ma lasciando dietro di sé una domanda: a che prezzo?
La digitalizzazione sta ridefinendo molti aspetti del turismo, inclusa la pianificazione e la fruizione dei viaggi enogastronomici. Come emerso nel recente evento BTO.Travel 2024 di Firenze, l’AI e altre tecnologie emergenti stanno trasformando profondamente le dinamiche del settore, aprendo scenari tanto affascinanti quanto complessi. L’enoturismo non è mai stato solo degustazione, ma un rito, un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. È una passeggiata tra i filari, con il profumo dell’uva che si mescola all’aria fresca; è il racconto del vignaiolo che trasforma ogni sorso in poesia. Ogni calice di vino è un microcosmo di storia, territorio e passione umana.
Come si può tradurre tutto questo in un algoritmo?
Secondo i dati presentati al BTO, l’autenticità e la tradizione sono oggi le principali motivazioni per il 14% degli statunitensi e circa il 10% degli italiani quando scelgono una destinazione enoturistica. Questo dimostra che l’esperienza reale resta centrale, anche in un’epoca sempre più dominata dal digitale. La tecnologia, quindi, deve essere utilizzata per arricchire, non per sostituire. Il vino coinvolge vista, olfatto, gusto e tatto. La texture di un terreno sotto i piedi, l’aroma che si sprigiona dal calice, il riflesso del sole che si riflette sul vino: questi dettagli, per quanto piccoli, costituiscono l’essenza dell’enoturismo. L’AI può offrire simulazioni, ma può realmente riprodurre l’emozione di un brindisi condiviso tra amici o l’accoglienza calorosa di una cantina di famiglia? Forse no. Forse non deve.
Come emerso al BTO, l’AI offre strumenti straordinari che possono migliorare la pianificazione e la logistica. La realtà virtuale (VR) consente tour immersivi nelle cantine prima ancora di visitarle, mentre la realtà aumentata (AR) fornisce informazioni interattive durante i percorsi enoturistici. Gli assistenti digitali basati sull’AI possono personalizzare itinerari, suggerire ristoranti e tradurre istantaneamente le descrizioni dei vini. Negli Stati Uniti, il 39% dei turisti utilizza già l’AI per pianificare attività e alloggi, mentre in Europa la percentuale è del 29%. Questo dimostra che la tecnologia può essere un valido alleato per ampliare l’accesso all’enoturismo, soprattutto per chi è alle prime armi o non conosce la lingua del luogo.
Tuttavia, questi strumenti rischiano di ridurre l’enoturismo a un’esperienza meccanica e standardizzata. Una visita guidata da un’app non potrà mai sostituire l’empatia e la passione di un sommelier che racconta la sua storia. La robotica collaborativa, tanto discussa al BTO, può semplificare molte operazioni logistiche, ma non deve compromettere il contatto umano, che resta il cuore pulsante dell’enoturismo. L’AI dovrebbe essere considerata un supporto, non una sostituzione. Può ottimizzare la gestione delle prenotazioni, aiutare i turisti a scoprire cantine meno conosciute o migliorare la sostenibilità delle aziende vitivinicole. Ma quando si tratta dell’esperienza in sé, deve lasciare spazio alle persone.
In questo senso, iniziative come “Aromi d’Italia”, promossa dal Ministero del Turismo e dalla Regione Toscana, rappresentano un modello positivo. Questo progetto utilizza la tecnologia per codificare i profumi delle cucine regionali, ma mantiene al centro il valore dell’esperienza sensoriale reale. È un esempio di come tradizione e innovazione possano convivere armoniosamente. Il successo delle manifestazioni territoriali, come discusso al BTO, dimostra che il pubblico cerca esperienze autentiche e personali. Questi eventi offrono l’opportunità di scoprire vini di denominazioni minori e di approfondire la connessione con i produttori. In un contesto simile, la tecnologia può facilitare l’organizzazione e la promozione, ma non deve mai sostituire l’interazione umana.
Un altro tema chiave emerso al BTO riguarda l’importanza di educare il turista. L’AI può essere uno strumento educativo potente, ma è fondamentale che i visitatori comprendano il valore del contatto diretto con il territorio e i produttori. Le emozioni autentiche non si possono digitalizzare. L’AI può giocare un ruolo significativo nel promuovere la sostenibilità. Le cantine possono utilizzare l’AI per monitorare i consumi idrici, ottimizzare i processi produttivi e ridurre gli sprechi. Ma anche qui, l’obiettivo deve essere quello di supportare il lavoro umano, non di sostituirlo.
Come sottolineato al BTO, l’enoturismo non è solo una forma di intrattenimento, ma anche uno strumento per rafforzare il legame tra le comunità locali e il loro territorio. Ogni visita dovrebbe essere un’occasione per contribuire allo sviluppo economico e culturale della regione, creando valore per tutti gli attori coinvolti. L’intelligenza artificiale è una risorsa potente, ma il suo utilizzo deve essere ponderato e rispettoso delle peculiarità del settore. Il futuro dell’enoturismo non può essere ridotto a un’esperienza virtuale o mediata da uno schermo. Deve restare un viaggio autentico, fatto di persone, storie e luoghi reali.
Come Ulisse che resiste al canto delle sirene, produttori e appassionati devono navigare con saggezza tra le onde della tecnologia, seguendo la luce di un faro che indica il ritorno alla terra, alle radici, all’uomo. Perché, in fondo, il vino è molto più di una bevanda: è un simbolo di convivialità, passione e cultura. È la celebrazione del legame profondo tra l’uomo e la natura, una magia che nessuna intelligenza artificiale potrà mai replicare.
E allora, alziamo i calici a un futuro in cui tradizione e innovazione si incontrano, senza mai dimenticare ciò che rende l’enoturismo unico: il contatto umano, il valore della lentezza e il sapore autentico della terra.