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Friuli Venezia Giulia, una regione sconosciuta ai più, di una ricchezza infinita di storia, arte e sapori, con una naturalità di prodotti di terra e di mare inaspettati e sempre rinnovati.
La terra del Carso è sassosa, ritrosa, difende le sue pietre che gli abitanti hanno imparato a valorizzare costruendone muretti a secco che delimitano le belle strade che percorrono la regione con movimenti sinuosi e lenti nel loro salire e scendere.
Friuli Venezia Giulia con i suoi colli e fiumi, pianura, riviera e montagne: una regione completa nelle potenzialità e dalle ampie offerte turistiche per ogni esigenza culturale, artistica, sportiva e di benessere.
Robi Jakomin, responsabile di progetto GAL Carso, ci ha accolti chiedendoci che cosa era per noi il Carso, che cosa rappresenteva. Le varie risposte raccolte esprimevano un ricordo di conflitti legati alla Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra: le famiglie italiane tutte in quegli anni hanno conosciuto il dolore di perdere in modo tragico e ingiusto un parente, un conoscente, o di condividere questo dolore per una guerra difficile aspra e insidiosa.

Il Carso ha voltato pagina, lo sta facendo ancora oggi con una passione viva dentro ogni imprenditore che abbiamo incontrato, piccole e medie aziende e attività che hanno saputo con caparbietà riproporsi e indirizzarsi al recupero del territorio e delle sue, pur difficili, grandi risorse.
La Wine School, a cui abbiamo partecipato, seconda edizione, è stata realizzata nell’ambito del progetto AGROTUR+, co-finanziato dall’Unione Europea attraverso il Programma Interreg VI-A Italia-Slovenia. Questa sinergia Italia-Slovenia è apparsa ben integrata in tutto il programma culminato nella partecipazione a Teranum, evento ospitato nelle storiche e celebri sale dell’Hilton a Trieste, antica Tergeste nell’epoca romana.
La partecipazione a Teranum è stata un’occasione preziosa di confronto e dialogo con produttori, operatori del settore e istituzioni, che ha messo in luce la profondità culturale e
identitaria di questi vini.

Un percorso, accompagnati da Fabiana Vidoz, guida attenta e scrupolosa, tra vigne, storie e persone che hanno saputo raccontare, con passione e autenticità, l’identità profonda del Carso transfrontaliero. Il percorso di formazione, iniziato presso l’Enoteca di Sgonico, ha dunque unito didattica, esperienza diretta e narrazione, grazie alla partecipazione di relatori e grandi conoscitori del territorio e delle sue produzioni di eccellenza come Stefano Cosma, giornalista e storico del vino, che ha aperto i lavori con una lezione sulla storia della viticoltura a Trieste e nel Carso, divagando su aneddoti piacevolissimi che coivolgevano artisti e poeti e compositori di grande calibro da Beethoven a Sthendal. Va aggiunto con rilievo che i contadini del Carso scarsissime pochissime volte si ammalano, e vivono in salute sino a 90/100 anni. E qui si riconosce lo »zampino« del Refosco.

Robi Jakomin, responsabile di progetto GAL Carso, ha approfondito le specificità della produzione vitivinicola locale e dei vitigni autoctoni come il Terrano, la Vitovska e il Refosco, vini che sono stati riproposti durante tutti i momenti d’incontro e di convivialità. In modo da poter evidenziare differenze e analogie nelle varie produzioni e nelle diverse annate.

Accanto ai momenti in aula, il programma ha previsto una serie di visite immersive nella natura e nello spettacolo di alcune delle realtà più rappresentative del territori, iniziando dalla storica Azienda Agricola Castelvecchio di Sagrado (GO), custode di un prezioso patrimonio culturale e produttivo.
Qui abbiamo visitato, oltre alla cantina ipogea, anche la villa adibita al tempo della Prima Guerra Mondiale ad ospedale, sulle cui pareti abbiamo con commozione visto i graffiti e le scritte dei tanti militari ricoverati. Un passo oltre la frontiera slovena abbiamo visitato alla Perinova kmetija di Komen, azienda emergente che unisce viticoltura e allevamento in un’ottica di sostenibilità integrata.
Un passaggio particolarmente significativo è stato quello presso l’Osmiza Kocjančič a Dolina, dove i partecipanti hanno potuto entrare in contatto diretto con la tradizione più autentica del Carso, vivendo l’esperienza dell’osmiza come espressione genuina di produzione familiare e convivialità rurale. L’osmiza è un’antica tradizione che risale all’epoca di Maria Teresa d’Austria: nel 1784 fu concesso ai contadini di vendere gli alimenti e vini da loro prodotti per una settimana all’anno e direttamente nelle loro case o cantine.
A concludere l’interessante e ricco percorso di questa tre giorni, la visita alla Fattoria Carsica Bajta di Sales, dove, dopo l’esplorazione delle cantine e delle sale di stagionatura dei salumi di produzione propria, si è svolto il brindisi finale e la cerimonia di consegna degli attestati di partecipazione.

Tuttavia non possiamo dimenticare i momenti dedicati alla valorizzazione di altri prodotti identitari del territorio: l’olio d’oliva e il miele del Carso. Giacomo Cecotti, capo panel della Camera di Commercio Venezia Giulia, ha guidato una degustazione di oli locali esplorandone profumi, sapori e tecniche produttive, mentre Aleš Pernarčič, apicoltore e imprenditore agricolo, ha condotto i partecipanti alla scoperta delle varietà di miele carsico, con un approfondimento sull’apicoltura sostenibile.
Fondamentali, nel corso dell’esperienza, anche i momenti conviviali nel cuore dell’ospitalità carsica e a Trieste dove la grande tradizione gastronomica triestina ha offerto un racconto parallelo e complementare al territorio vitivinicolo.

«Questa edizione ha consolidato la Wine School come appuntamento di riferimento per raccontare il Carso nella sua interezza, tra Italia e Slovenia», ha dichiarato David Pizziga, presidente del GAL Carso. «Abbiamo offerto ai partecipanti non solo contenuti formativi di alto livello, ma l’opportunità di entrare in contatto diretto con le persone e le storie che rendono vivo questo territorio».

«Siamo molto soddisfatti di questa seconda edizione», continua Robi Jakomin, referente di progetto per il Gal Carso, «Il riscontro che abbiamo ricevuto è stato straordinario, a conferma della potenzialità di questo format nel valorizzare in modo autentico il nostro territorio transfrontaliero».

I momenti di scambio diretto con produttori e operatori locali, uniti alla scoperta di luoghi spesso fuori dai circuiti più battuti, hanno suscitato in noi grande curiosità e partecipazione, un coinvolgimento emotivo e una sincera gratitudine per aver potuto vivere il Carso nella sua dimensione più vera.