La nuova direttiva, concordata a novembre dello scorso anno dagli organi dell’UE, è stata approvata con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensio. Per ecocidio, secondo una delle definizioni esistenti, si intende un illecito a spese di ecosistemi marini e terrestri, alla loro flora e fauna e l’impatto che ne deriva. Nella fattispecie, rientreranno crimini quali il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche e le gravi violazioni della legislazione in materia di sostanze chimiche. E ancora: la gestione illecita dei rifiuti pericolosi e dei materiali radioattivi, il commercio illegale di specie selvatiche e la contaminazione delle acque.
Successivamente alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’UE, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le norme nel diritto nazionale. Il termine “ecocidio” fa la sua comparsa negli anni Settanta nel corso della Conferenza sulla guerra e la responsabilità nazionale di Washington. La paternità del termine viene riconosciuta al biologo statunitense Arthur Galston, il quale lo utilizzò nel 1970 per descrivere i danni causati dal cosiddetto “agente arancio”, un defoliante che l’esercito USA sparse in enormi quantità sulle foreste tropicali durante la guerra del Vietnam. Tre anni dopo, Richard Falk, docente di Diritto internazionale, contestualizzò il termine a livello legale per la prima volta, definendo ecocidio “la distruzione consapevolmente perpetrata di un ambiente naturale“. La definizione giuridica di ecocidio ha preso la forma attuale, ovvero, “atti illegali o sconsiderati compiuti con la consapevolezza di una significativa probabilità che tali atti causino danni all’ambiente gravi e diffusi o di lungo termine”.
Contestualmente alla definizione del reato, il gruppo ha anche chiesto che l’ecocidio venga aggiunto ai crimini di cui si occupa la Corte penale internazionale dell’Aja, insieme ai crimini di guerra, ai crimini contro l’umanità e ai genocidi.