È bagarre in Piemonte sui vini di punta della Regione: Barolo e Barbaresco. Molti produttori delle due denominazioni temono che il pacchetto di proposte di modifica dei disciplinari di produzione presentato dal Consorzio di tutela (che è unico, tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani e ha la governance, per giunta, in scadenza) possano portare a perdita di identità delle denominazioni e – anatema – a un incremento indiscriminato della produzione con penalizzazioni a cascata sulle quotazioni dei vini e del valore patrimoniale dei vigneti.
Le modifiche
Ma andiamo con ordine. La prima richiesta di modifica – che è anche l’unica che trova un ampio consenso tra i produttori – riguarda l’obbligo di imbottigliamento in zona, in zona d’origine quindi (e che deve coincidere con la zona di vinificazione) sia per il Barolo che per il Barbaresco. Una richiesta divenuta impellente pochi mesi fa quando la Camera di commercio italiana negli Usa ha segnalato il caso di un imbottigliatore statunitense che confezionava Barolo importato sfuso. Si tratta quindi di una misura che va nel senso di ampliare le garanzie di autenticità del prodotto. Garanzie che molti ritengono complicato assicurare a 4mila chilometri di distanza.
LA MAPPA DELLE DOCG
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La parte più controversa
Molto più controverse sono invece le altre misure proposte dal Consorzio a cominciare dall’ipotesi di stabilire un nesso di reciprocità tra le due Docg che finora hanno funzionato a compartimenti stagni: a oggi nella cantina dove si produce Barolo non si può imbottigliare anche Barbaresco e viceversa.
Questa proposta poi sarebbe accompagnata da un’altra misura che prevede di ricomprendere nell’area di vinificazione e imbottigliamento tutti i comuni ad oggi esclusi anche se ricompresi nelle rispettive denominazioni. È il caso ad esempio della cittadina di Alba che vanta solo pochi filari che rientrano nella denominazione ma nella cui zona industriale si potrà in futuro ubicare un grosso impianto di vinificazione e imbottigliamento sottraendo così lavoro alle aree più agricole.
E infine la proposta più controversa anche perché giustificata da motivazioni legate al cambiamento climatico: quella di piantare ex novo o ricomprendere nelle aree Docg i versanti Nord delle due denominazioni di Barolo e Barbaresco che finora erano stati esclusi perché ritenuti non idonei a produrre uve per vini di qualità.
Le reazioni
«Il cambiamento climatico è un dato oggettivo – spiega il docente di viticoltura ed enologica dell’Università di Milano che è anche presidente del Comitato vini Doc del Masaf, Attilio Scienza – che porterà a riconsiderare molti degli aspetti produttivi del vino. E tra questi anche quelli di alcune zone che finora erano considerate poco idonee per produrre vini di qualità mentre quelle che si ritenevano storicamente vocate adesso stanno riscontrando problemi legati al caldo e alla sovramaturazione delle uve. Sono temi che il mondo produttivo deve porsi».
«Io sono favorevole solo alla prima delle proposte presentate – spiega il barolista Maurizio Rosso della cantina Gigi Rosso – ovvero all’obbligo di imbottigliamento in zona e che a mio avviso raccoglierà il 66% dei consensi degli associati richiesto dalla legge. Mentre sono contrario agli altri. Il requisito della reciprocità tra Barolo e Barbaresco farà perdere identità e differenziazione tra le due Docg, che per giunta sono prodotte con le stesse uve Nebbiolo. Penso che in futuro sarà più difficile rivendicare un requisito di specialità. Ma molto più pericoloso è ricomprendere nella produzione zone che erano state escluse dai nostri padri fondatori. È pericolosa l’immagine che ne deriva: l’idea di aree che vogliono aumentare la produzione. Ma soprattutto mi chiedo: Barolo e Barbaresco sono etichette sempre più apprezzate, attese dal pubblico, che ogni anno trovano sempre nuovi mercati e non hanno problemi di giacenze. Perché cambiare?».
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Fonte IL SOLE 24 ORE