A sentir dire “olio ligure” la quasi totalità dei consumatori dirà: “ah, un olio leggero, dolce, simile a quello del Garda”.
C’è del vero nell’affermazione. Rispetto ad altre regioni, nell’olio ligure prevale il fruttato, che è una nota delicata.
Nei panel test, dove si valutano tre fattori nell’olio evo, cioè piccante, amaro e fruttato, l’olio ligure rimane – ingiustamente – penalizzato, perché è decisamente meno piccante e amaro degli oli di altre regioni. Per questo motivo si sta pensando di elaborare uno standard specifico per l’olio ligure che sappia valorizzare il suo fruttato leggero, e la sua delicatezza.
Come in tutte le regioni di produzione d’olio, vi sono comunque delle variabili notevoli, secondo le annate. Per esempio, nel 2022, a causa della siccità, anche gli oli liguri erano mediamente molto più piccanti del solito …
Rimane il fatto che non dovrebbero esserci preferenze assolute per un tipo d’olio o un altro. Ogni olio dovrebbe invece essere abbinato a determinati piatti – proprio come si fa con il vino. Un po’ difficile da realizzare quando le bottiglie d’olio sono da un litro, e non si vorranno tenere aperte tante bottiglie d’olio. Almeno nei ristoranti è probabile che si arrivi ad una “lista degli oli”, con un carrello e flaconcini piccoli, di diversi tipi, e possibilmente i suggerimenti di un sommelier d’olio che possa aiutare nella scelta.
Parlando di olio ligure, quasi tutti pensano ad un cultivar tipico, la Taggiasca, un oliva piccola molto saporita. In realtà, in Liguria vi sono 3 zone distinte di produzione d’olio; il Ponente fa comunque la parte del leone.
Anche per l’olio si è arrivati alle DOP, una tendenza in crescita. Capofila della tendenza è la DOP nata a Lucinasco, da dove proviene infatti l’olio che ha vinto il primo premio al recente concorso “Mare & Mosto”, a Sestri Levante.
Sempre per sostenere la cultura dell’olio ligure sono allo studio dei bandi, tra cui il bando per la conservazione dei muretti a secco – una caratteristica del paesaggio ligure che ne conserva la stabilità. Una perdita della tradizione dei muretti a secco metterebbe a rischio idrogeologico vasti territori della regione.
E così come esiste un enoturismo, vi è un aumento di “olioturismo”, con aziende che si attrezzano ad accogliere i visitatori e a far conoscere loro da vicino la coltivazione e raccolta delle olive e la loro trasformazione, in tempi rapidissimi, nei frantoi
A cura di Gudrun Dalla Via – dallavia@asa-press.com