Il nuovo decreto attuativo sull’oleoturismo è un traguardo importante che fa prevedere interessanti sviluppi nel nostro Paese.
La domanda di olio extravergine di olivo sta conoscendo una crescita costante, grazie al parallelo crescente interesse per un’alimentazione sana e al prestigio goduto dalla dieta mediterranea che vede nell’olio evo uno degli ingredienti principe (patrimonio Unesco dal 2010 e nel 2020 classificata come migliore dieta al mondo dall’US News&World Report).
Con il COVID poi si è registrato un vero record storico. A influenzare il boom è stato senza dubbio il fatto che i consumatori hanno consumato i pasti a casa, costretti dal lockdown. Ma questo cambio di abitudini ha finito per diventare un nuovo modello di consumo che oggi coniuga la voglia di riscoprire il cibo sano e genuino e al tempo stesso di conoscere il suo territorio di produzione.
Il consumatore sempre più consapevole si informa sulla filiera produttiva e compie scelte che premiano la trasparenza e la qualità. Di qui il crescente appeal dell’extravergine e delle DOP e IGP. In un simile contesto l’oleoturismo può trovare terreno fertile per futuri importanti sviluppi nel nostro Paese come si è già visto in Spagna.
Su questo interessante argomento abbiamo intervistato Claudio Vignoli, consulente internazionale nell’industria olearia e CEO di Claudio Vignoli Group, società italiana di consulenza tecnica e commerciale.
1.Un suo commento sul decreto attuativo sull’oleoturismo appena firmato. Perché si tratta di un traguardo importante?
Il decreto attuativo era atteso da due anni, ma delle potenzialità dell’oleoturismo si parlava già da almeno un decennio, sulla scia di quanto già in essere nel mondo del vino.
La nuova disciplina legislativa è un traguardo importante prima di tutto perché prevede vantaggi fiscali come già accade, appunto, per chi opera nell’enoturismo.
Secondo, ma non meno importante motivo: se in passato ci siamo affannati a correre all’estero per presentare i nostri oli e i territori da cui provengono (e gli investimenti per queste attività erano decisamente troppo onerosi per un piccolo produttore), con l’oleoturismo possiamo invitare turisti e buyer nelle aziende olivicole e far vivere loro un’esperienza partecipativa che può valere molto più di qualsiasi presentazione o discorso.
Terzo motivo: con l’oleoturismo si inizia a ragionare con politiche commerciali non più rivolte alla sola vendita allo scaffale (dove prevalgono sempre le logiche del prezzo), ma dirette al consumatore trasmettendogli il gusto, la storia, il valore della biodiversità dei nostri oli DOP e IGP.
Quarto: daremo nuovo slancio al comparto turistico oltre che a quello olivicolo, valorizzando zone oggi ancora poco conosciute. L’olio come molte altre nostre eccellenze enogastronomiche può diventare un volano importante per la ripartenza.
Ricordiamoci però una cosa importante: il turista desidera vedere, conoscere, partecipare, assaggiare e comprare. Chi vuol proporre oleoturismo deve saper rispondere in modo originale e completo questo ventaglio di richieste.
2. L’esempio spagnolo può fornirci un’interessante chiave di lettura per ipotizzare i possibili scenari in Italia?
Certamente, la Spagna è il paese più interessante con cui confrontarci anche perché, proprio come qui da noi, sul suo territorio convivono una forte tradizione culinaria e un patrimonio artistico e culturale unici. Due premesse fondamentali per qualsiasi strategia di turismo gastronomico.
In Spagna da almeno un decennio l’oleoturismo è diventato il SECONDO RACCOLTO DELL’OLIVETO con importanti ricadute sul sistema turistico e della ristorazione. Gli operatori spagnoli infatti hanno saputo sfruttarlo molto bene come LEVA di MARKETING per valorizzare l’offerta turistica e gastronomica.
È almeno dal 2010 che la Spagna ha imparato a promuovere l’oleoturismo come attività turistica che coniuga la qualità del prodotto con la conoscenza del produttore e del territorio di produzione. I distretti produttivi hanno dato vita a veri e propri “hub turistici” dedicati, con proposte interessanti e complete che coniugano arte, paesaggio e produzione olivicola: nuovi percorsi museali, passeggiate naturalistiche negli oliveti, visite in frantoio e nelle haciendas, degustazioni guidate, tour esperienziali nel periodo della raccolta e molitura.
Un esempio su tutti è quanto fatto nel distretto di Jaén in Andalusia, dove è stato creato un vero e proprio brand promozionale, l’ “Oleotur” che con le sue proposte e i suoi pacchetti attrae migliaia turisti anche da Francia e Germania, durante tutto l’anno e non solo nel periodo della raccolta e molitura.
In Italia una base di partenza importantissima per lo sviluppo di un sistema oleoturistico è rappresentata dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio che ha già svolto un ruolo chiave anche nella definizione e approvazione del decreto. Sarà però indispensabile che tutti i protagonisti siano capaci di intercettare i nuovi desiderata del turismo post covid per costruire pacchetti ed esperienze dotati di appeal.
3.Dal frantoio alla visita delle città d’arte: l’indotto generato è altissimo. E in un confronto extra-UE, quali paesi interessanti troviamo?
Indubbiamente l’oleoturismo può rappresentare l’ultima frontiera del turismo gastronomico, specialmente in quei Paesi Extra Ue che negli ultimi dieci anni hanno investito in modo sistematico nell’olivicoltura e hanno già un sistema turistico rodato. Penso al Marocco, al Portogallo e alla Turchia, che hanno fatto importanti investimenti per aumentare rapidamente la loro produttività. Oltre Oceano, i Paesi con un potenziale interessante (vista l’analoga esperienza nell’enoturismo) sono Cile e Argentina, due aree in forte espansione sia dal punto di vista del consumo che da quello della produzione di olio. In particolare l’olio cileno si sta affermando anche fuori dai confini grazie ai numerosi riconoscimenti internazionali ottenuti. Stesso discorso per la California, che oggi rappresenta il 99% della produzione olivicola negli USA. Cile, Argentina e California hanno già alle spalle una solida esperienza nell’enoturismo e c’è da aspettarsi sbocchi interessanti anche per l’olio. Va però sottolineato che a differenza che da noi (e in Spagna), i governi non hanno ancora manifestato la volontà di legiferare in questo ambito e anche le iniziative legate all’enoturismo, già attive, sono per ora solo di natura privata.
DATI MERCATO GLOBALE OLIO EVO (STIME COI)
- Le dimensioni del mercato globale dell’olio d’oliva nel 2019 erano pari a 13.03 miliardi di dollari nel 2019 e si prevede che raggiungano i 16.64 miliardi entro 2027, con un tasso di crescita medio del 3,2%.
- Il 2020 sarà ricordato come anno del record storico per i consumi mondiali di olio d’oliva saliti a 3,1 miliardi di chili.
- Il consumo mondiale stimato dal COI per il 2021, si conferma su un totale di 3,2 milioni di tonnellate.
Ufficio Stampa
Silvia Anna Fissore
C. (+39)347 444 9540